Dopo 60 anni di distruzione, Esso Italiana vende la raffineria di Augusta.

Dopo 60 anni di distruzione, Esso Italiana vende la raffineria di Augusta.

Qualche giorno fa l’inaspettata notizia di cessione della raffineria di Augusta, da parte di Esso Italiana, alla compagnia di Stato algerina Sonatrach. Una notizia arrivata dal nulla. Una mossa di Esso Italiana che, a quanto pare, nessuno aveva previsto. E nessuno ne sapeva niente. Addirittura pure il ministero dello Sviluppo Economico è parso all’oscuro di tutto. Forse era troppo concentrato sulla trattativa di vendita, attualmente in corso, di un altro colosso industriale del meridione, l’Ilva di Taranto.
L’accordo prevede la vendita della raffineria di Augusta, i depositi carburante di Augusta, Palermo e Napoli e gli oleodotti che li collegano. La compagnia algerina dice di avere progetti a lungo termine e di volersi impegnare nel mantenimento degli standard vigenti in materia di sicurezza, salvaguardia ambientale e dei livelli occupazionali attualmente registrati dentro l’impianto. Questi presupposti però qualche interrogativo lo pongono. 1) Tra i motivi che avrebbero portato Sonatrach a comprare l’impianto italiano ci sarebbe quello di coprire il fabbisogno di petrolio che la stessa compagnia in Algeria, con gli impianti presenti attualmente, non riesce a coprire. La stessa, però, sta già investendo in patria per riuscire a raggiungere questi risultati entro il 2019. Quindi quali sono i piani reali degli algerini per gli anni a venire? Cosa succederà dopo il 2019? 2) In merito alle garanzie di lavoro si riferisce solo ai dipendenti diretti o anche a quelli dell’indotto? 3) In questi giorni un operaio impiegato negli impianti in questione, ha subito ustioni gravi durante lo svolgimento delle normali mansioni di lavoro a causa di una fuoriuscita anomala di zolfo liquido che l’ha raggiunto al collo e alle mani. Quando gli algerini parlano del mantenimento degli standard di sicurezza parlano quindi di questi standard?
I sindacati confederali, nel frattempo, compatti esprimono preoccupazione oltre che indignazione per i modi utilizzati nel portare avanti la trattativa di vendita. Dicono che non è concepibile giocare con le sorti di una comunità e dei lavoratori attualmente impiegati, senza interpellare le istituzioni e le parti sindacali che li rappresentano. Non sanno che intenzioni abbia Esso né tanto meno gli obiettivi strategici dell’acquirente. Chiedono, dunque, un incontro al ministero dello Sviluppo Economico.
Esso Italana nasce dalla fusione di Esso (marchio europeo di ExxonMobil) con la società della famiglia Moratti nel 1963 e da allora ha contribuito, insieme ai proprietari delle raffinerie vicine, ha rendere il polo petrolchimico di Priolo, Melilli, e Augusta, quello che è oggi: un territorio devastato, desertificato e sfruttato al massimo, dal punto di vista delle risorse oltre che sul piano delle vite umane. Solo l’impianto di Augusta conta, infatti, 700 dipendenti diretti e 900 dell’indotto.
A quanto pare, però, è arrivato il momento per Exxon di valorizzare al massimo la presenza ultracinquantennale nella provincia di Siracusa. Forse è proprio il momento della fuga visto che meno di un anno fa Exxon vendeva gli ultimi 1.176 punti vendita carburante Esso all’inglese Intervias. Sembra che raffinare non sia più una priorità per la Esso: ha, quindi, tirato la corda finché ha voluto. Adesso conviene vendere piuttosto che chiudere e correre il rischio di essere costretti ad investire in bonifiche e ambientalizzazione. Soprattutto se c’è qualcuno già pronto a mandare avanti la baracca. Vendere, dunque, a chi può avere tutto l’interesse di trovarsi un impianto bello e pronto ed evitare la rogna di doverlo realizzare da principio. Saranno questi i motivi per cui Esso Italiana ha spinto tanto per ricevere il parere positivo per il rinnovo dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), rilasciatagli di recente.
Il referente di Legambiente Siracusa, Enzo Parisi, ricorda alla multinazionale americana i suoi doveri con queste parole: «le attività di bonifica comunque devono andare avanti e restano a carico di chi ha prodotto l’inquinamento che resta il responsabile». Alla Sonatrach resterebbe soltanto il ruolo di vigilare. Fino ad oggi solo l’8% dell’area SIN (Siti di interesse nazionale) di Siracusa è stato sottoposto a bonifica.
Questa operazione, nonostante tutto, sembra inaugurare un nuovo modus operandi che potrebbe aprire la strada alla cancellazione di ogni tipo di mediazione con le istituzioni dello Stato a cui ancora alcuni colossi industriali decidono di sottoporsi (vedi esempio Ilva). Il messaggio sembra essere che se il capitale multinazionale vuole mediare media, altrimenti può farne a meno. Il compito delle istituzioni dello Stato italiano è limitarsi a girare lo sguardo dall’altra parte. Per questo è il momento di alzare la testa e contrapporsi con forza a queste logiche e nelle lotte costruire istituzioni nuove che possano essere espressione degli interessi di chi vive questi territori e che in queste occasioni non viene assolutamente considerato.

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