Emergenza medici: la finta soluzione dei corsi a pagamento

Emergenza medici: la finta soluzione dei corsi a pagamento

È stato pubblicato nei giorni scorsi l’avviso per la partecipazione al “Corso teorico – pratico triennale in medicina di emergenza-urgenza 2020-2022”. Si tratta dei corsi di formazione per giovani medici da impiegare nei pronto soccorso con corsi di training on the job emessi dal CEFPAS. Tutto questo in attuazione della Delibera della Giunta 284 emessa ad agosto 2019, promossa dall’assessore alla salute Ruggero Razza e dal presidente Musumeci per risolvere il problema della carenza di medici in organico.

È aperta, quindi, fino al 16 Dicembre la prima “finestra temporale” per fare domanda. Infatti, le richieste di partecipazione saranno divise in tre finestre: la prima dal 29 novembre al 16 dicembre con 96 posti; la seconda dal 15 al 31 gennaio con 72 posti e la terza dal 15 al 31 maggio con 72 posti. Il CEFPAS attiverà “n. 10 edizioni del corso a ognuna delle quali saranno ammessi 24 partecipanti per un totale massimo complessivo di 240”.

La frequenza al corso del CEFPAS non consentirà ai tirocinanti di partecipare ai corsi della scuola di specializzazione e non potranno avere contratti di lavoro subordinati né esercitare la libera professione.

La prima fase del corso consiste in due momenti: le prime 210 ore saranno impegnate dalle lezioni nelle sedi del CEFPAS, di cui 8 sull’uso del defibrillatore sui bambini, 8 sulle urgenze in ostetricia, 16 sull’ecografia nelle emergenze e altre 16 di rianimazione neo-natale. Il secondo momento è invece indirizzato a un primo tirocinio nei reparti: 36 ore in anestesia e rianimazione, 18 in cardiologia, 66 ore in ambulanza, 12 in sala parto e 18 in pronto soccorso.

Per essere ammessi a questa prima fase i tirocinanti dovranno anticipare un’ingente somma pari a 2400 euro che sarà rimborsato dalle aziende sanitarie solo se si supera l’esame per l’accesso alla seconda fase e “mediante rate mensili posticipate di importo pari a 100 euro”.
La seconda fare sarà training on the job, 3000 ore distribuite in 24 mesi in cui verrà corrisposta una indennità pari a 22700 euro lordi per ciascun anno di formazione e liquidati in 24 rate mensili posticipate.

Ad appesantire ulteriormente il carico economico dei tirocinanti ci sarà sia l’obbligo di stipulazione di una polizza assicurativa necessariamente prima dell’inizio del corso e, “per l’espletamento del tirocinio sulle ambulanze”, l’acquisto dei “Dispositivi di Protezione Individuale(DPI)”.

In sostanza le assunzioni in Sicilia nell’ambito sanitario sono possibili solo attraverso corsi di formazione a pagamento. Se paghi, lavori (e neanche con certezza). È questa la soluzione tanto decantata del Presidente Musumeci e dell’assessore Razza. Inoltre, con questa soluzione saranno ammessi come medici nei reparti giovani corsisti con alle spalle solo 8 ore in ostetricia o 18 in cardiologia, vale a dire che saranno ammessi giovani poco formati.
A tutto ciò si aggiunge la questione dei tutor: a ognuno sarà corrisposta una somma pari a 3500 euro per ogni tirocinante assegnatogli. Si spera che ciò non si trasformi in una gara a chi ne ha di più e, dunque, che diventi più complesso seguirli.

Insomma, in Sicilia mancano i medici e il sistema sanitario è bloccato. Tanti laureati in medicina, poche borse di studio e quindi pochi medici specializzati. L’unica soluzione che la Regione Siciliana riesce a sviluppare è quella dei corsi a pagamento: medici poco specializzati e una spesa di più di 1 milione di euro. Una “soluzione” nel breve termine .
Verrebbe da chiedersi come mai, piuttosto, non si pensa a investire su un piano di rientro per tutti quei medici che hanno conseguito la loro fornazione fuori dalla Sicilia per mancanza di servizi (e di borse, per l’appunto), oppure a una soluzione a lungo termine che permetta l’uscita dal gap laurea-specializzazione.
Pare che l’obiettivo non sia promuovere la soluzione più efficacie per i giovani che aspirano a diventare medici e per i cittadini, ma solo la più semplice e immediata che consenta di affermare che durante questo mandato qualcosa si è fatto.

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