Siccità in Sicilia, Schifani non sa di cosa parla

Siccità in Sicilia, Schifani non sa di cosa parla
Per il governatore della Sicilia, Renato Schifani, la carenza di piogge, «con una riduzione del 22% delle precipitazioni nel 2023», ha determinato una situazione «un po’ critica» ma al momento «non rappresenta una emergenza».
«Le alte temperature di questi mesi hanno prosciugato gli invasi rendendo la situazione idrica un pò critica – ha detto Schifani a Timeline su SkyTg24 – Vorrei comunque scongiurare gli allarmismi di questi giorni e rassicurare i turisti che vorrebbero venire in Sicilia: non rischiano».

Sono queste le dichiarazioni rese note dai giornali negli ultimi giorni del Presidente della Regione Schifani, che forse non conosce le condizioni di precarietà con cui ogni giorno migliaia di siciliani e siciliane devono convivere a causa della carenza di acqua.

Tubature colabrodo, caldo record e…ponte sullo Stretto.

Qualcuno si chiederà perché mettiamo insieme questi fattori. Perché mentre il presidente si preoccupava di tranquillizzare i turisti mordi e fuggi in vista della stagione estiva, dimenticava di rendere nota la preoccupazione emersa nelle numerose riunioni fra Regione, Rfi, Webuild e Siciliacque. A intimorire è proprio il problema della siccità che il governatore non ha esitato a definire “imprevisti di natura eccezionale”.

E perché sarebbero così preoccupati? Perché le opere ferroviarie messe in campo dall’azienda del cemento come Webuild (tra cui i raddoppi propedeutici alla costruzione del ponte) potrebbero subire un rallentamento a causa dell’enorme quantità d’acqua di cui le talpe TBM, quando scavano le gallerie, hanno bisogno per raffreddare le frese rotanti che fanno attrito con le rocce.

Insomma, ogni qualvolta si urla a gran voce “vogliamo l’acqua dal rubinetto, non il ponte sullo Stretto” non si tratta solo di meri slogan ideologici, come qualcuno direbbe, ma la dura e cruda realtà che siamo costretti a vivere.

Ribaltare la narrazione emergenziale delle istituzioni è l’unica via per smascherare le politiche coloniali che subiscono i nostri territori. Essere contro il ponte sullo Stretto significa lottare anche per l’acqua, le infrastrutture utili ai territori, la messa in sicurezza dal dissesto idrogeologico. Queste lotte sono l’unica alternativa possibile alla catastrofe a cui vogliono destinare luoghi come la Sicilia.

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