Crisi ecologica e crisi dell’ecologia. Di Ottavio Marzocca

 

Gran parte della cultura ecologica negli ultimi quarant’anni ha insistito soprattutto sull’urgenza di rendere sostenibile il ‘carico’ esercitato sull’ambiente dallo sviluppo industriale e dalla crescita demografica. In tal modo essa si è proposta non solo come visione critica della modernità, ma anche come strategia di razionalizzazione dell’economia e del rapporto della società con i fenomeni della vita. Il discorso ecologico – specie nelle sue versioni scientifiche – ha instaurato così un rapporto molto forte con due degli approcci dominanti al governo della società moderna, secondo i quali quest’ultima può ‘funzionare’ nel migliore dei modi soprattutto se le istituzioni politiche rivolgono la loro attenzione, da un lato, ai meccanismi produttivi e, dall’altro, ai processi riproduttivi che l’attraversano. Si tratta di un rapporto tutt’altro che accidentale con la razionalità economica e con la matrice biopolitica delle forme moderne dell’esercizio del potere, del quale è possibile ritrovare i presupposti in alcuni momenti fondamentali della genesi dell’ecologia scientifica, quali la nascita della geografia botanica, l’elaborazione della teoria evoluzionistica e la formulazione della teoria degli ecosistemi.

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