Abitare la terra e riconoscersi nei luoghi. Di Luisa Bonesio

Credo che alla base della Geofilosofia stia la riflessione sullo spazio e sui luoghi, nel modificarsi e configurarsi storico e concettuale. Una topologia, innanzitutto, che comprenda le forme in cui lo spazio assume intelligibilità e viene praticato, rappresentato, abitato e trasformato in luoghi, definito da limiti e confini che lo articolano, differenziandolo simbolicamente e funzionalmente. Questo genere di riflessione assume una cogenza tutta particolare nella modernità, allorché essa inaugura, grazie alla scienza-tecnica, un’attitudine di disposizione e di dominio. Non una semplice “conquista dello spazio” terrestre, con esplorazioni, scoperte, colonialismi, ma quella “rivoluzione spaziale” di cui ha scritto Carl Schmitt e che successivamente è stata filosoficamente descritta da Peter Sloterdijk, in cui la Terra diventa conquistabile a partire dagli oceani, viene cartografata, conosciuta, fatta scivolare nell’astrazione del calcolo delle rotte, obliterata nelle lontananze dei viaggi e delle traversate, ridotta a punto di imbarco e di sbarco delle merci e degli uomini. La globalizzazione configura progressivamente uno spazio omogeneo, calcolabile, in cui le differenze culturali e le asperità naturali devono essere annullate in una superficie liscia e continua, e dunque i luoghi non possono più sussistere nelle proprie definizioni geografiche e culturali, così come la genealogia specifica che li sostanzia fino nella loro manifestazione visibile, estetica, deve lasciare il passo a una logica di modernizzazione e standardizzazione. La memorialità intrinseca dei luoghi, le culture locali, ma anche le civiltà differenti sono travolte nell’obbligatorio allineamento al “progresso”, all’innovazione forzata, alla omologazione, poiché solo in uno spazio privo di increspature il disegno tecnoeconomico riesce a realizzarsi senza residui. Naturalmente questa vicenda epocale è molto più frastagliata e complessa di quanto non appaia dalla sua sintesi concettuale; l’ultimo bastione a cadere, in Europa, integrandosi nello spazio moderno, è stato il continente alpino.

 

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