Cosa succede in Corsica? Intervista a un militante indipendentista
Si è svolta oggi, 30 gennaio, la manifestazione a Corte, in Corsica, contro il rifiuto dello Stato francese di revocare lo status dei DPS (detenuti particolarmente sorvegliati) a due prigionieri politici, Petru Alessandri e Alain Ferrandi.
In piazza migliaia di persone – che oltre alle richiesta di revoca del DPS – chiedono che i prigionieri politici scontino la loro pena in Corsica, nella loro terra. Inoltre, viene chiesto allo Stato francese la convocazione, una volta per tutte, di un tavolo per discutere una reale soluzione politica – richiesta dal popolo corso fin dalla deposizione delle armi del Fronte di Liberazione Nazionale Corso (FLNC) nell’ormai lontano 2014.
Abbiamo intervistato Jean-Daniel Cortopassi di Corsica Libera sulla storia indipendentista corsa e la sua fase attuale.
In cosa affonda le radici l’esperienza indipendentista corsa? Ieri e oggi
La Corsica è sempre stata attraversata da un sentimento indipendentista nel corso della sua storia. Ricordo che tra il 1755 al 1769 la Corsica era uno Stato indipendente, con molte rivolte prima e dopo questo periodo.
Solo dopo la sconfitta dell’esercito di Pasquale Paoli nella battaglia di Ponte Novu, l’8 maggio 1769, la Corsica diventa francese.E da allora, tanti corsi hanno combattuto affinché la Corsica diventasse indipendente. Questi, per noi, sono tutti eroi.
Ancora oggi, questo ideale è portato avanti da molti movimenti politici, associativi o culturali. E tutti si riconoscono all’interno di questo filo storico della lotta di liberazione nazionale.
Nel 1976 nasce il FLNC (Fronte di Liberazione Nazionale Corsa). Quali erano gli obiettivi prefissati?
Il FLNC voleva il riconoscimento del popolo corso, la distruzione di tutti gli strumenti coloniali francesi, una riforma agricola contro lo sfruttamento e infine il diritto all’autodeterminazione. La Corsica in quel periodo era sottomessa – socialmente e culturalmente – e saccheggiata dalla Francia; il popolo corso stava morendo.
Il Fronte di Liberazione Nazionale ha permesso che ancora oggi questo sentimento del popolo corso sia vivo.
Dobbiamo rendere omaggio a questa parte di popolo che non ha mai accettato di riconoscere l’autorità della Francia nella nostra terra. E dobbiamo, ovviamente, rendere omaggio a tutti coloro che sono morti per questo, che fanno in modo che la nostra lotta non si arresti. La strada è lunga; ora è necessario che i giovani si assumano la responsabilità di portare avanti questo ideale e di onorarli.
Nel giugno del 2014 il FLNC, in una lunga dichiarazione, ha annunciato di deporre le armi, aprendo un tavolo di discussione con lo Stato francese. Tavolo, ancora oggi, non concesso. La repressione, invece, da parte dello Stato centrale non si è mai fermata. Cosa ci puoi dire a riguardo?
La decisione del FLNC nel giugno 2014 è stata una decisione storica, a quasi 40 anni dalla sua nascita. Ha dimostrato che le persone erano pronte a fare la nazione. Il popolo corso si è assunto le proprie responsabilità con le elezioni che sono seguite, con una vittoria storica. Va detto che dopo questa decisione del FLNC, solo la Corsica ha compiuto un passo importante verso la pace.
Ancora oggi la Francia non ha fatto nessun passo avanti in questo senso. Anzi, la sua volontà è quella di mettere a tacere il popolo corso. Infatti, la repressione è ancora qui. A 7 anni di distanza, lo confermano le centinaia di arresti e di condanne e le dozzine di incarcerazioni senza che sia mai stata proposta una soluzione politica. Adesso sono diminuiti, ma ancora troppi compagni sono imprigionati in Francia.
Le ultime elezioni hanno portato alla formazione di un governo composto da forze autonomiste e indipendentiste. Quali ricadute ci sono state?
Nel 2015, al secondo turno delle elezioni, la coalizione “Pè a Corsica” (Per la Corsica) – composta da autonomisti e indipendentisti – ha vinto. Una vittoria storica poiché era la prima volta che i nazionalisti prendevano l’assemblea della Corsica. E, soprattutto, a vincere è stato un presidente indipendentista della Corsica, Ghjuvan Guido Talamoni, che ha portato questo ideale in ogni azione, in ogni parola, in ogni momento del suo mandato.
Il suo discorso di insediamento è stato di grande forza: https://www.isula.corsica/assemblea/Installation-de-l-Assemblee-de-Corse-2015-discours-d-investitur e-du-President-Jean-Guy-Talamoni_a22.html
Nel 2017, sotto la stessa bandiera di “Pè a Corsica”, autonomisti e indipendentisti erano di nuovo insieme per il primo turno e sono stati eletti con oltre il 56%. Una vittoria più che storica con programmi chiari e a favore dell’autonomia.
Ma, nonostante questa vittoria, rimane sempre lo Stato. Nonostante la volontà del popolo corso sia chiara, lo Stato ha sempre respinto la discussione e le domande dell’elettorato corso: riconoscere lo status di residente, la burocrazia, la tassazione e la sicurezza sociale, l’amnistia. Tutte richieste democraticamente fatte e votate dai corsi. Chiediamo, quindi, allo Stato francese: il voto dei corsi vale meno? Qual è il significato della democrazia? Qui assistiamo a una continua negazione.
Di fronte a questi soprusi, ci stiamo interrogando su quale strategia adottare. Una cosa è certa: riusciremo a cambiare le cose solo con la rabbia!
È notizia di pochi giorni fa il rifiuto di revocare lo status di detenuti a due prigionieri politici, Petru Alessandri e Alain Ferrandi. È stata indetta una manifestazione il 30 gennaio. Quali sono le rivendicazioni che volete portare in piazza?
La rivendicazione principale di questa manifestazione – lanciata dopo la decisione di mantenere lo status di DPS (Detenutu Particularmente Survegliatu) a Petru Alessandri e Alain Ferrandi – è di farli tornare nella loro terra.
D’altronde, la richiesta di avvicinamento dei prigionieri corsi non è un’invenzione nostra, è una legge francese! Ma la legge, per la Francia, vale solo per alcuni…
Menzionando questo caso, denominato “Commando Erignac”, non possiamo dimenticare neanche Yvan Colonna, un patriota ancora oggi imprigionato ad Arles, nel continente.
Ci sono diverse petizioni, firmate anche da tanti sindaci, a sostegno dei detenuti. La Corsica ha veramente un’unica voce. A sostegno ci sono anche coloro che non sono né nazionalisti, né autonomisti, né indipendentisti.
Si spera che la mobilitazione sia molto ampia per inviare un messaggio ai detenuti stessi – vogliamo far sentire che non saranno mai soli – e poi allo Stato francese.
Abbiamo bisogno di una soluzione politica. Ovviamente dobbiamo chiedere l’avvicinamento, ma dobbiamo andare oltre. Dobbiamo chiedere la fine dell’iscrizione nel registro della FIJAIT (registro per terroristi condannati) attraverso il quale i prigionieri politici corsi vengono paragonati ai terroristi. Chiediamo anche legge di amnistia.
Infine, voglio inviare il mio sostegno a tutti i prigionieri politici nel mondo. Libertà!
I corsi non sono francesi e non lo saranno mai!!!