Arriva il SI di Schifani all’Autonomia differenziata. E adesso ?

Arriva il SI di Schifani all’Autonomia differenziata. E adesso ?
Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, con il suo voto favorevole al testo proposto dal ministro per gli affari regionali della Lega Nord, Calderoli, ha riacceso il dibattito in Sicilia sull’Autonomia differenziata. 

Opposizioni parlamentari e Cgil hanno fatto subito la voce grossa (si fa per dire): «questa riforma rischia di scavare una voragine tra il Sud e Nord d’Italia e di essere la pietra tombale sul futuro della Sicilia» – spiega Di Paola, Movimento cinque stelle e vicepresidente dell’ARS. Mentre Alfio Mannino, segretario regionale Cgil dichiara alla stampa: «Nelle stesse ore in cui i tetti di spesa della sanità vengono ridotti e si lasciano a casa migliaia di precari, noi ci consentiamo scelte che mettono ancora più in ginocchio la Regione».

C’è chi accusa Schifani di avere tradito l’isola e di fare lo scendiletto di Salvini e Meloni. Lui si difende, facendo intendere che sta barattando questo “SI” con il riconoscimento dello stato di insularità per la Sicilia in Costituzione, una condizione che secondo il presidente porterebbe dei vantaggi ai siciliani. Anche se abbiamo forti dubbi che ciò possa mai compensare il furto di risorse operato dallo Stato ai danni delle casse siciliane. 

 

Istituzioni dello Stato e istituzioni delle comunità

Al netto di tutto, anche in questo caso crediamo che la grande assente nel dibattito politico circa l’autonomia differenziata sia un’idea, una progettualità di funzionamento degli enti locali alternativa a quella di Calderoli, che possa mettere al centro innanzitutto i bisogni dei Comuni e dei loro abitanti.

Non ce l’hanno i partiti dell’arco istituzionale e non ce l’ha nemmeno la Cgil, che si dice (finalmente) pronta a scendere in piazza, ma con posizioni di retroguardia e per di più appellandosi a un ideale funzionamento dello Stato, favola a cui ormai non credono più neanche i bambini. Certo, sempre meglio del silenzio assordante dell’Anci e dei Sindaci, silenzio che ci dà la misura di quanto questa sia una riforma che accontenta alcuni territori a discapito di altri e di quanto i nostri amministratori locali non siano capaci o più semplicemente fingano di non vedere il processo di smantellamento dei Comuni e privatizzazione dei servizi.

Organizzare mobilitazioni contro il governo regionale e contro questa riforma

sarà importante, anzi necessario, come lo è per la difesa della sanità pubblica. Se, però, come ci auguriamo, l’obiettivo di queste battaglie è quello di superare la semplice testimonianza, con ambizioni realmente trasformative, serve ben altro rispetto alle posizioni o alle parole d’ordine che mettono al centro la difesa di un sistema istituzionale ormai completamente allo sbando e fondato sul profitto.

Combattere la riforma dell’autonomia differenziata, proprio come battersi per una rete sanitaria territoriale, funzionale e di prossimità, vuol dire mettere in discussione il rapporto che c’è tra il centro e la periferia, tra i luoghi dove si decide di tagliare, privatizzare, inquinare (Palermo, Roma, Bruxelles) e i territori che subiscono queste scelte. A questa trasformazione dell’assetto istituzionale dello Stato, va opposta un’idea di istituzione, un processo costituente contro lo Stato che metta al centro il Comuni, i loro abitanti e i loro bisogni. 

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