Europee 2024: voto di scopo, astensione, vinti e vincitori

Europee 2024: voto di scopo, astensione, vinti e vincitori
Non è successo niente di decisivo in queste elezioni europee, almeno rispetto agli equilibri delle forze che comporranno il Parlamento. La S&D ha perso qualche seggio e il PPE ne ha guadagnato qualche decina. La rielezione dell’attuale presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, in questo quadro, sembra, infatti, certa. Di conseguenza, per noi può essere più interessante commentare la tornata elettorale a partire dai risultati a livello nazionale e locale.

Punto per Fratelli d’Italia, Partito Democratico e Alleanza Verdi-sinistra

Il partito della Presidente  del Consiglio ha raggiunto senza dubbio un ottimo risultato. È vero, in valore assoluto ha perso meno voti rispetto alle politiche del 2022, ma le Europee sono un altra cosa. Parte dell’elettorato astenutosi l’8 e il 9 giugno, sarebbe andato a votare alle politiche, ma questo può valere, per varie ragioni di natura contingente, anche al contrario. Infatti, non a caso, PD e AVS ne hanno presi di più. In questa fase in Italia il voto utile per “contrastare l’avanzata delle destre” tira più del solito. Ilaria Salis e AVS ne hanno intercettato un pezzo e la Salis ha funzionato perché tanti la volevano libera. E non solo “i compagni”. 

Forza Italia si conferma una macchina da guerra elettorale, il Movimento 5 stelle fa flop

Al livello nazionale è, nonostante tutto, al 10%, ma in Sicilia è il primo partito. A Palermo è il primo partito, mentre a Catania è seconda a meno di 2 punti da FdI e a Messina è seconda a meno di 1,5 punti da Libertà di Cateno De Luca. E la situazione non cambia neanche nei grossi comuni di provincia. Il movimento 5 stelle perde invece tanto a livello nazionale che regionale, anche se regge nelle metropoli siciliane. Forse è il più grande sconfitto delle Europee. Cateno De Luca si conferma comunque un anomalia. Mentre il dato nazionale si attesta molto sotto il 2%, in Sicilia è quasi all’8% e a Messina oltre il 21%. 

Il declino della sinistra radicale

Se c’è, però, una costante in questo saliscendi elettorale è il lento, ma inesorabile declino della cosiddetta sinistra radicale. Questa volta si era attaccata al carrettino di Santoro e aveva fondato tutto sulla questione centrale della guerra, ma anche in questo caso non si è invertita la tendenza, a dimostrazione del fatto che in un sistema così vacuo e aleatorio quella è apparsa come una suggestione triste, incapace di far vibrare i cuori e la scheda elettorale. A differenza di AVS, vera novità di queste elezioni. Questi, infatti, sembravano vivacchiare da anni tra l’uno e il due per cento e di botto triplicano il proprio voto, catturando tanto voto giovanile e una parte di elettorato astensionista che, in seguito alla scelta di candidare Ilaria Salis, ha deciso di andare a cercare la tessera elettorale.

La costante astensionista

Ovviamente nell’analizzare il voto delle Europee non si può prescindere dal dato fondamentale della diserzione delle urne. Ormai è tema ricorrente nel post elezioni, ma è sempre più complicato negare che il declino dell’affluenza è ormai strutturale, anche perché per la prima volta ha votato meno della metà degli aventi diritto. In alcuni casi (Messina, ad esempio) la percentuale si è avvicinata a un terzo degli aventi diritto, a dimostrazione del crollo catastrofico del sistema della rappresentanza politica. Si può ormai dire che assistiamo a una sorta di voto di scopo. Non più un voto strutturato, ma la scelta di votare di volta in volta sulla base di un interesse particolare o di una suggestione che giustifichi il recarsi alle urne. Questo spiega le mille anomalie di un sistema che non riesce a trovare un equilibrio che duri nel tempo.

Come leggere se non così l’ascesa prorompente della Meloni, passata in pochi anni dal 4% al 29% e il crollo di Salvini, passato dal 34% del 2019 al 9% di oggi? Come non leggere in questo modo il successo straordinario dei cinquestelle nel 2018 e il loro progressivo declino, il picco di Renzi e il suo crollo, il “vorrei ma non posto” di Calenda, la stessa tenuta di Berlusconi da morto, l’anomalia tutta messinese di Cateno De Luca?

Anche in funzione di questo restiamo convinti che, accanto al piano della comunicazione, sia necessario radicare posizioni critiche e praticare il cambiamento a partire dai territori. Se oggi Forza Italia fa record di preferenze è perché non esiste una forza sociale diffusa  in grado di strappare tanti e tante al giogo della clientela, del ricatto, della promessa o del favore, una forza sociale in grado di incidere sulle politiche economiche e sociali, calate dall’alto per il profitto di pochi. Queste elezioni ci ricordano che c’è ancora tanto da camminare in questa direzione.

Il buco nell’acqua della Lega e dell’ipotesi ponte sullo stretto

Un capitolo a parte, infine, riguarda le refluenze delle Elezioni Europee sull’iter di progettazione e costruzione del Ponte sullo Stretto. Non c’è alcun dubbio, da questo punto di vista, che la Grande Opera esce sconfitta dalle urne. In questo nuovo ciclo della storia del ponte, infatti, questo ha senza alcun dubbio la faccia di Salvini e della Lega, che hanno avuto un risultato molto negativo a livello nazionale e un esito modesto anche a livello locale. Se queste elezioni dovevano rappresentare un referendum sul Sì o sul No al ponte, quel referendum l’ha vinto il No.

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