Cingolani ministro della transizione al carbone?

Cingolani ministro della transizione al carbone?
Roberto Cingolani decide di chiudere in bellezza il suo mandato aprendo definitivamente la porta all’ennesima delle scelleratezze che lo hanno contraddistinto.

La decisione di aumentare del 125% la produzione di energia dalle centrali a carbone era stata preannunciata da alcune dichiarazioni di Draghi in concomitanza all’acuirsi della guerra in Ucraina, anticipando una operazione così anacronistica con un maldestro tentativo di legittimazione.

 

Su chi gravano i costi della produzione?

Far lavorare a tempo pieno le sette centrali a carbone presenti in Italia vorrebbe dire alzare notevolmente l’impronta ambientale del mix energetico nazionale, poiché la produzione di 1 kWh tramite la combustione di carbone risponde all’emissione di 857,3 grammi di CO2. Tra l’altro lo stesso ministro che ha iniziato il suo incarico nel mezzo della pandemia autorizza oggi un processo di ri-carbonizzazione che, oltre alla CO2, emetterebbe arsenico, cromo, cadmio, mercurio e polveri sottili in quantità.

Di nuovo i costi della produzione si scaricheranno sugli abitanti delle aree dove le centrali a carbone sorgono.

La salubrità dell’aria è emersa come un fattore fondamentale per la salute delle persone, ma oggi viene sacrificata come se nulla fosse pur di poter disporre di quanta più energia possibile, nonostante la guerra, nonostante il cambiamento climatico e le conseguenze che riversa sui territori. Chissà, forse verranno a raccontarci altre fandonie su modernissimi sistemi di filtraggio in realtà inesistenti, così come è stato fatto nella propaganda pro-inceneritori.

 

I protagonisti? I soliti nomi

Volendo andare a guardare i protagonisti di questa vicenda, troveremo i soliti nomi che detengono il monopolio sulla gestione dell’energia.

A Terna è stato affidata la verifica tecnica della capacità dei 7 impianti coinvolti, di proprietà Enel e A2a. Tra questi quelli di Brindisi, Fusina, Venezia e Torrevaldaliga, Civitavecchia e Monfalcone. Ma data questa apertura all’intensificazione dell’accumulazione di energia senza limiti, perché non tirare in ballo anche la centrale a olio combustibile di San Filippo del Mela, in provincia di Messina? Tale impianto era già stato oggetto d’interesse riguardo a un possibile incremento nel 2015, quando vi fu la proposta di ampliarlo con un inceneritore, poi arenatasi a seguito della risposta della popolazione. Infatti i piani di devastazione sono stati fermati dalla lotta degli abitanti organizzati/e in un comitato e che in migliaia sono scesi in piazza. Non solo la Sicilia, ma anche la Sardegna sarà interessata da questa operazione: le due centrali a carbone, Grazia Deledda di Portoscuso e Fiume Santo di Porto Torres, nonostante siano impianti datati, saranno nuovamente messe a regime.

Nell’isola pure l’impianto Enel di Portovesme presenta nell’elenco.

 

Transizione ecologica?

Tutti questi, secondo il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) avrebbero dovuto essere dismessi o convertiti entro la fine del 2025. Questo, come il PNRR, non rappresenta evidentemente un’alternativa reale all’attuale modello di sviluppo o un impegno concreto di contrasto al cambiamento climatico e all’inquinamento.

Piuttosto è un esempio di come sono fragili e superficiali le promesse fatte dall’alto, che diventano carta straccia nel momento in cui diventano un limite al profitto e allo sfruttamento delle risorse. Cingolani ha dimostrato che non solo lui, ma l’incarico a cui risponde, è solo una facciata priva di forza e contenuto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *