Nessun dissesto per Palermo. Quali conseguenze?

Nessun dissesto per Palermo. Quali conseguenze?
Come poteva essere prevedibile, alla fine il Piano di Riequilibrio del Comune di Palermo è passato. Sono bastati 14 voti in Consiglio Comunale per imporre ai cittadini palermitani 20 anni di misure lacrime e sangue e impegni che sarà pressoché impossibile per le amministrazioni palermitane mantenere.

Le tariffe di tutti i servizi pubblici saranno innalzate e verrà raddoppiata l’irpef comunale, queste le misure più pesanti. Con la vendita delle quote di Gesap si avvierà un processo di privatizzazione e si avvierà una riscossione forzosa dei tributi che non è credibile (aumento di oltre il 10% in un anno).

 

La battaglia consiliare

Nella battaglia consiliare l’amministrazione ha gettato la carriera dei dipendenti comunali, l’aumento delle ore e le stabilizzazioni dei precari. In questo modo gran parte del dibattito è stato incentrato su questo. Una grande operazione di distrazione architettata bene dal sindaco Orlando e dal segretario/direttore generale Le Donne. Peccato che per queste operazioni mancano ancora i documenti contabili necessari (previsionali 2021-2023 e 2022-2024) e, soprattutto peccato che le tabelle presentate a supporto del Piano consegnino una riduzione imponente a causa delle fuoruscite per anzianità. Certo, i documenti rilevano una soglia minima sotto la quale il Comune mancherebbe delle risorse umane minime. Quella soglia è indicata in 5000 dipendenti. Vedremo, ma anche così non si può non rilevare la perdita di 700 unità da aggiungere alle 2000 perse nei 10 anni precedenti.

 

A pagarne sono sempre i Comuni

Il Piano è passato con l’uscita dall’aula del centrodestra. Come si era già espresso nelle settimane scorse, Orlando per festeggiare la vittoria politica ha detto che il Governo non vuole il dissesto. Ed è così, il Governo non vuole il dissesto poiché i dissesti sono figli delle politiche governative e dei partiti di Governo. Così, il centrodestra non si sarebbe mai assunto la responsabilità di non far passare il Piano, salvo fare un po’ di sceneggiate in Consiglio Comunale. Orlando ha ragione anche nel dire che senza riequilibrio il Comune di Palermo non avrebbe avuto accesso alle risorse messe in campo dal Governo per i Comuni in riequilibrio.

Il paradosso della situazione attuale è esattamente questo. I Comuni pagano il conto della riduzione dei trasferimenti e della crisi economica e vanno in crisi finanziaria. I Piani di Riequilibrio, però, non bastano più, non è più sufficiente trasferire i debiti alle generazioni successive, non bastano più i tagli ai servizi e al personale. Ci vogliono soldi aggiuntivi anche semplicemente per restare in vita, per imporre misure lacrime e sangue ai cittadini. Né vivi, né morti.

 

Chi difende i Comuni?

Tutto questo non ha un tempo breve. 20 anni sono sufficienti a cambiare la ragion d’essere di un ente. È questo il destino per i Comuni siciliani. Semplicemente, non esisteranno più. Sì, perché è ancora un Comune quell’ente che diventa sempre più desertificato per estinzione dei suoi dipendenti? È ancora un Comune quell’ente che procede alla privatizzazione dei propri servizi? È ancora un Comune quell’ente che non risponde più ai bisogni essenziali della vita in comune (lo sport, i servizi sociali, la mobilità)? È ancora un Comune quell’ente ormai privo di una rappresentanza politica locale che lo difenda?

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