“Il cuore della bestia è qui in Europa e nel Blocco Occidentale”. Intervista ad Anna Gabriel

“Il cuore della bestia è qui in Europa e nel Blocco Occidentale”. Intervista ad Anna Gabriel
Il 18 febbraio la CUP, partito indipendentista catalano, è tornato in piazza per chiedere a gran voce il ritorno degli esiliati politici, come Anna Gabriel. Migliaia di persone hanno sfilato per le strade di tantissime cittadine dei Paesi Catalani per affermare la voglia incessante di lottare per l’indipendenza dei propri territori, nonostante l’attacco dello Stato spagnolo.
In quella occasione abbiamo chiesto ad Anna Gabriel, militante della CUP, parlamentare dal 2015 al 2017 e da quattro anni in esilio in Svizzera a seguito dell’avvio di diversi procedimenti penali a suo carico da parte della giustizia spagnola, un’intervista per comprendere i passaggi cruciali della lotta per la liberazione dei territori catalani e su cosa significa essere militanti indipendentisti oggi.

 

Chi è Anna Gabriel? Raccontaci di te, di come hai iniziato a fare politica

Anna Gabriel è come tante. Figlia di una famiglia della classe operaia, con la fortuna – l’ho sempre detto – di avere una famiglia con molta coscienza di classe e con una internità al movimento sindacale risalente ai miei bisnonni. Quindi sono cresciuta in un ambiente di gente laboriosa, che ha lavorato nelle miniere e nelle fabbriche, ma che ha sempre visto nel sindacato lo spazio organizzativo della classe operaia e lo ha vissuto con molto rispetto, trasmettendomi valori come giustizia, coinvolgimento e militanza, e la voglia di volere il meglio per le persone più svantaggiate e combattere le ingiustizie. E quindi Anna Gabriel è questa, una militante che nasce da questo contesto; una persona come tante altre, che diventa più o meno nota quando diventa deputata ed esce sui media, ma come mi piace dire: quello da parlamentare rappresenta un periodo della mia vita di soli due anni, ho avuto una certa rilevanza pubblica per due anni della mia vita, ma per tutto il resto – e ne ho 47 – sono stata una militante di base come tante.

 

Perché hai deciso di diventare una militante e, nello specifico, cosa ti ha portato a contribuire al processo per l’indipendenza dei Paesi Catalani e alla costruzione di un soggetto politico come la sinistra indipendentista?

La mia militanza è molto locale, del paese in cui vivo. Ho iniziato organizzando una piattaforma antifascista, ma anche impegnandomi nella lotta per la difesa della lingua. E’ dopo essermi trasferita a Barcellona, dove ho vissuto per iniziare gli studi, che sono stata coinvolta anche nella militanza studentesca e in un modo molto naturale ho trovato nella sinistra indipendentista la congiunzione di tutte le lotte e di tutte le cause per le quali avevo militato. Io credo che se ci si muove sugli assi di difesa della lotta della classe operaia, della lotta femminista, della lotta antifascista e antirazzista, in modo del tutto naturale si approda alla sinistra indipendentista perché è anche la lotta contro uno Stato, lo Stato spagnolo, erede delle strutture fasciste, e al servizio degli interessi del capitale. È in questa militanza che si trova un senso alle proprie ansie di trasformazione.

 

Ad un certo punto, con la CUP, avete deciso di partecipare alle competizioni elettorali comunali, regionali e, più recentemente, statali. E sei diventata una deputata della Catalogna. Come è avvenuto il passaggio che ha portato da organizzazioni politiche di base all’idea di costruire un soggetto politico unitario istituzionale? Perché è stata fatta questa scelta? Quanto tutto questo ha a che fare con l’importanza di ribaltare il senso della rappresentanza politica odierna al fine di dare forza ai processi per l’indipendenza?

La storia della CUP non si capisce senza la sua connessione con l’insieme del movimento della sinistra indipendentista. La scommessa sulla partecipazione alle istituzioni sovralocali si fa dopo processi di dibattito e di riflessione collettivi. Io, come molte altre persone, prima sono entrata a militare in un ambito strettamente locale, nei villaggi e nei quartieri. Solo dopo alcuni anni si è deciso di passare a un altro livello. La lotta istituzionale, quindi, esisteva fin dall’origine stessa della CUP, anche se circoscritta a un ambito locale. E’ un contesto politico molto concreto che fa sì che la maggioranza capisca che la partecipazione ad altri ambiti oltre a quello locale sia intesa come qualcosa di sensato perché si ritiene importante che la posizione, i postulati e le scommesse della sinistra indipendentista si facciano sentire in altre camere di rappresentanza. È così che, dopo essere diventata assistente parlamentare, sono passata alla legislatura successiva. Si deve quindi dire che apprezzo fortemente che la sinistra indipendentista e la CUP abbiano sempre accompagnato alle decisioni di partecipare o non partecipare alle elezioni un dibattito preliminare, e che ci sia anche una costruzione collettiva delle liste elettorali e che le liste rappresentino il sentimento collettivo della sinistra indipendentista. Quindi, più che collocare l’importanza nel ruolo in seno alle istituzioni, colloco l’importanza in tutto il processo di dibattito e di riflessione e di lavoro che accompagna il processo decisionale, e soprattutto il legame con l’insieme del movimento. Non rappresentiamo solo i nostri elettori, ma rappresentiamo anche uno spazio politico, un’ideologia e dei valori.

 

Qual è la differenza tra la CUP e gli altri partiti indipendentisti Catalani?

Credo che le differenze tra la CUP e gli altri partiti indipendentisti si possono facilmente verificare guardando i programmi. Abbiamo un approccio chiaramente anticapitalista, identifichiamo la lotta di liberazione nazionale come indissociabile dalla liberazione sociale, e quindi consideriamo l’indipendenza come un primo passo per cambiare molte altre cose che vogliamo cambiare nella società. Altri partiti indipendentisti hanno posizioni non tanto rivoluzionarie, sono più riformisti o socialdemocratici. Ma mi sembra che sia una differenza che è molto palpabile, molto visibile, molto verificabile se andiamo direttamente a consultare i programmi

Il Parlamento europeo ha approvato la relazione dell’onorevole De Gucht e dell”onorevole Langer. Credo che guardando i programmi, e gli assi ideologici degli uni e degli altri, sia evidente che per noi l’indipendenza aprirebbe porte per cambiare tutto, ed evidentemente non troviamo questa possibilità nel campo unionista, né nel campo di talune sinistre spagnole, che non sono disposte a rompere con quello che noi             denominiamo                “régimen          del        78”.

 

Che rapporto intercorre tra il processo di indipendenza dallo stato spagnolo e l’anticapitalismo?

A priori non ci sarebbe un legame diretto tra la rottura dello stato spagnolo e gli approcci anticapitalisti. È il legame che noi gli vogliamo dare, perché uno Stato come lo Stato spagnolo, fortemente legato ai valori, nell’eredità e nell’ideologia, di un regime dittatoriale che appartiene a strutture come l’Unione europea o la NATO per noi è assolutamente incompatibile con il progresso verso posizioni socialiste e alternative con il sistema economico e sociale. Quindi noi, con questa volontà di rompere con lo status quo vigente, è evidente che facciamo il legame: se vogliamo rompere con lo Stato spagnolo, il suo autoritarismo, i suoi legami e i suoi interessi con il capitale delle grandi finanze e di una determinata scommessa geopolitica che non condividiamo, saremo più vicini a costruire una società alternativa.

 

Ogni territorio fa esperienza a proprio modo di dinamiche di colonizzazione, espropriazione, sfruttamento. Nonostante le differenze, a latitudini diverse – dai Paesi Catalani alla Siria del Nord, passando per Sicilia, Sardegna, Palestina – la sfida centrale sembra essere quella di rompere con lo stato. Secondo te quanto il «processo» Catalano è importante per lo sviluppo di movimenti indipendentisti o più in generale di rottura con lo stato-nazione?

Molto spesso abbiamo detto che un processo di rottura da parte dei Paesi catalani può disegnare in seno all’Europa e nella sponda mediterranea un’altra Europa e un altro Mediterraneo possibile. Tutte le lotte per la liberazione nazionale e sociale a tutte le latitudini del pianeta sono importanti, ma il cuore della bestia è qui in Europa e nel blocco occidentale. Esiste qui una forza dirompente,  è un’istituzione rivoluzionaria in Europa, che contesta tutti i postulati del regime capitalista e questo ci sembra molto importante. È evidente che noi non subiamo le stesse oppressioni di altri popoli del mondo; è evidente che viviamo e lottiamo in situazioni più confortevoli di altre compagne che lo fanno a latitudini molto più avverse. Ma quello che stiamo definendo il “cuore della bestia” è qui, e questo ci permette di capire l’importanza di sostenere, di accompagnare e di appoggiare la lotta indipendentista dei Paesi Catalani, perché significa una contestazione di tutti i valori sui quali l’Unione europea e gli Stati – intesi come Nazioni – si stanno erigendo, e ancor più in questo contesto attuale, dove sono in gioco i blocchi di potere e la geopolitica è evidente che questo focolaio di ribellione assume un’importanza particolare: non è più la lotta di popoli oppressi alle latitudini meridionali, ma nella stessa Europa esistono volontà trasformatrici e radicalmente democratiche.

 

Il caso degli arresti e degli esili dei maggiori esponenti dell’indipendentismo Catalano sono stati la rappresentazione più pesante della repressione in Europa dalla fine del Fascismo. È vero, però, che tutte le realtà politiche che lottano per la difesa dei territori e per la costruzione di forme di autogoverno vengono sistematicamente represse con modi e metodi che, da una parte hanno molto a che fare con i regimi del passato, mentre dall’altra sembrano in grado di innovarsi continuamente. Perché secondo te lo stato sceglie di scagliarsi così violentemente contro questo tipo di esperienze? Come si può fare fronte comune oggi per resistere alla repressione dello stato?

La repressione è solitamente proporzionale alla forza e alla capacità di chi la esercita, ma anche al pericolo dell’avversario. Abbiamo visto come l’offensiva repressiva dello Stato spagnolo contro il movimento indipendentista catalano sia stata brutale: più di 3000 persone sono state colpite dalla repressione, moltissimi anni di prigione come minaccia, multe astronomiche, interdizioni ed esilio. Qualcuno potrebbe dirci, come è possibile che lo Stato spagnolo risponda in questo modo e come può essere che l’Unione europea avalli questa risposta repressiva? Proprio perché all’interno dell’Unione europea non esiste una proposta alternativa e realmente trasformativa. Per questo così tanta repressione, tanto importante, e questo silenzio degli Stati e dei mandatari europei. E in questo senso noi pensiamo che l’unica alleanza che ha senso e che possiamo costruire è l’alleanza con i soggetti dal basso, con quelli che lottano, con quelli che, come noi, vogliono cambiare il sistema, qualunque sia la latitudine o l’appartenenza, ma con la convinzione che le trasformazioni profonde verranno solo dalle rivolte popolari, e che sarà questa alleanza che ci farà essere un problema per lo status quo. È  quello che farà o sarà in grado di far muovere queste cose.

Il processo per l’indipendenza non lo si deve identificare, come fa lo Stato spagnolo, come un problema interno dello Stato spagnolo. Ne esistono altri in altre parti del mondo e si devono  identificare in chiave di contestazione al sistema, in chiave geopolitica e in chiave di articolazione di blocchi alternativi al sistema esistente.

 

 

Di seguito l’intervista originale in Catalano.

 

Qui és Anna Grabriel? Parla’ns de tu, de com has començat a fer política.

L’Anna Gabriel és com tantes. Filla d’una família de classe treballadora, amb la sort – sempre ho he dit – de tenir una família amb molta consciència de classe i amb una implicació sindical que es remunta als meus besavis. Per tant he crescut en un ambient de gent treballadora, de gent que ha treballat a les mines i a les fàbriques, però que ha vist sempre en el sindicat l’espai d’organització de la classe treballadora, que l’ha viscut amb molt respecte, i que m’ha transmès tots aquests valors de justícia, d’implicació i de militància, i de voler el millor per les més desafavorides, per a combatre les injustícies. I per tant l’Anna Gabriel, és això, una militant que neix d’aquest context i per tant una persona com tantes d’altres n’hi ha en el país, que es fa més o menys coneguda quan és diputada i surt als mitjans de comunicació, però com m’agrada dir: jo són només dos anys diputada de la meva vida, he tingut una certa rellevància pública durant dos anys de la meva vida, però tota la resta – i en tinc 47 – he sigut una militant de base com tantes.

 

 

Perquè has decidit de convertir-te en una militant i, a l’específic, què t’ha portat a contribuir al procés per la independència dels Països Catalans i a la construcció d’un subjecte polític com l’Esquerra Independentista?

La meva militància és molt d’àmbit local, del poble on visc. En primer lloc muntant una plataforma antifeixista, però també implicant-me en la lluita per la defensa de la llengua. I és després de traslladar-me a Barcelona, on vaig a viure per iniciar els estudis, que també m’implico en la militància estudiantil i d’una forma molt molt molt natural, trobo en l’esquerra independentista la conjunció de totes les lluites i totes les causes per les que jo havia militat. Per tant jo crec que si un es mou en els eixos de defensa de la lluita de la classe treballadora, de la lluita feminista, de la lluita antifeixista i antirracista, de forma molt natural va a parar a l’esquerra independentista perquè és també el combat contra un Estat, l’Estat espanyol, hereu de les estructures feixistes, i al servei dels interessos del capital. És en aquesta militància que una troba un sentit complet a les seves ànsies de transformació.

 

 

A un cert punt, amb les CUP, heu decidit participar en les eleccions municipals, regionals i, més recentment, a les estatals. I has esdevingut diputada de Catalunya. Com ha succeït el passatge que ha portat d’organització política de base a la idea de construir un subjecte polític unitari institucional? Per què s’ha fet aquesta elecció? Tot això, quant és degut a la importància de bolcar el sentit de la representació política amb la finalitat de donar força al procés per la Independència?

 

La història de la CUP no s’entén sense la seva imbricació en el conjunt del moviment de l’esquerra independentista i per tant l’aposta per la participació en les institucions supralocals es fa després de processos de debat i de reflexió col·lectius. Jo, com moltes altres persones, primer entrem a militar en un àmbit estrictament local, en els nostres pobles, en els nostres barris, i és després d’uns quants anys d’aquesta presència només en l’àmbit local, que es decideix fer el pas de presentar-se a l’àmbit autonòmic, per tant la lluita institucional existia des del mateix origen de la CUP, encara que circumscrita en un àmbit local, però és un context polític molt concret el que fa que de forma majoritària s’entengui que la participació en altres àmbits més enllà del local s’entengui que pugui tenir un sentit perquè es creu que és important que la posició, els postulats i les apostes de l’esquerra independentista es faci sentir en altres cambres de representació. És així com després de passar com a assistent parlamentària passo a ser diputada a la següent legislatura. S’ha de dir, per això, que aprecio fortament que a l’esquerra independentista i a la CUP sempre s’acompanyin les decisions de participar o no participar en les eleccions d’un debat previ, i que també hi hagi una construcció col·lectiva de les llistes electorals i que les llistes representin el sentir col·lectiu de l’esquerra independentista. Per tant, més que situar la importància en el paper que fem en el sí de les institucions, situo la importància en tot el procés de debat i de reflexió i de treball que acompanya la presa de decisions, i sobretot l’enllaç i el lligam amb el conjunt del moviment. No representem només els nostres votants, sinó que representem també un espai polític, una ideologia i uns valors.

 

 

Quina és la diferència entre les CUP i els altres partits independentistes catalans?

Jo crec que les diferències entre la CUP i la resta de partits independentistes es poden comprovar fàcilment mirant els programes. Nosaltres tenim un plantejament netament anticapitalista, identifiquem la lluita d’alliberament nacional com a indissociable de l’alliberament social, i per tant considerem la independència com un primer pas per a canviar moltes altres coses que volem canviar de la societat. Altres partits independentistes tenen posicions no tant revolucionàries, com de reforma o socialdemòcrates. Però em sembla que és una diferència que és molt palpable, molt visible, molt comprovable si anem a directament a consultar programes electorals, més que no pas a determinades caricatures que s’han pogut fer dels partits independentistes, o determinades crítiques que s’han pogut fer perquè la CUP hagi pogut teixir aliances amb altres partits independentistes. Jo crec que mirant els programes, i els eixos ideològics d’uns i altres, crec que és evident que per nosaltres la independència obriria portes per canviar-ho tot, i evidentment no trobem aquesta possibilitat en el camp unionista, ni en el camp de determinades esquerres espanyoles, que no estan disposades a trencar amb el que nosaltres anomenem règim del 78.

 

 

Quina relació es dona entre el procés d’independència de l’Estat espanyol i l’anticapitalisme?

A priori no hi hauria un lligam directe entre el trencament de l’estat espanyol i plantejaments anticapitalistes. És el lligam que nosaltres li volem donar, perquè un estat com l’Estat espanyol fortament imbricat en els valors, en l’herència i en la ideologia d’un règim dictatorial i que pertany a estructures com la UE o la OTAN per nosaltres és absolutament incompatible amb avançar cap a posicions socialistes, i alternatives amb el sistema econòmic i social. Per tant nosaltres, amb aquesta voluntat de trencar amb l’estatus quo vigent, és evident que fem el lligam: si nosaltres volem trencar amb l’Estat espanyol, el seu autoritarisme, els seus lligams i els seus interessos amb el capital de les grans finances i de una determinada aposta geopolítica que no compartim, estarem més a prop de construir una societat alternativa.

 

Cada territori té una experiència pròpia de dinàmiques de colonització, expropiació, explotació. No obstant les diferències, a latituds diferents – dels Països Catalans a la Síria del Nord, passant per Sicília, Sardenya, Palestina – el desafiament central sembla ser aquell de trencar amb l’estat. Segons la teva opinió, quant important és el “procés” català per al desenvolupament de moviments independentistes o, més en general, de ruptura amb l’Estat-Nació?

Nosaltres molt sovint hem parlat de que un procés de ruptura de la part dels Països Catalans pot dibuixar en el sí de l’Europa i de la riba mediterrània una altra Europa i una altra Mediterrània possible. Per tant totes les lluites per l’alliberament nacional i social de totes les latituds del planeta són importants, però una mica el cor de la bèstia, que seria Europa i el bloc occidental, una força trencadora, revolucionària, i que impugna tots els postulats del regim capitalista ens sembla molt important. És evident que nosaltres no patim les mateixes opressions que altres pobles del món; és evident que vivim i lluitem en situacions més confortables que altres companyes que ho fan en latituds molt més adverses. Però justament: és el cor de la bèstia, i d’aquí la importància de sostenir, d’acompanyar i de recolzar la lluita independentista als Països Catalans, perquè significa una impugnació a tot de valors sobre els quals s’està erigint la UE i els Estats mal dits Nació de la UE, i més en aquest context actual, on els blocs de poder i la geopolítica estan en joc és evident que aquest focus de rebel·lió pren una importància especial: ja no és la lluita de pobles oprimits en latituds del sud, sinó que al mateix nord existeixen voluntats transformadores i radicalment democràtiques.

 

 

El cas de les detencions i de l’exili dels majors exponents de l’independentisme català han sigut la representació més pesant de la repressió a Europa des de la fi del feixisme. És veritat, però, que totes les realitats que lluiten per la defensa del territori i per la construcció de formes d’autogovern són sistemàticament represes amb modes i mètodes que, d’una banda, tenen molta relació amb els règims del passat, mentre de l’altra banda, semblen en grau de renovar-se contínuament. Per què, segons la teva opinió, l’Estat escull actuar així violentament contra aquest tipus d’experiències? Com es pot fer avui un front comú per resistir a la repressió de l’Estat?

La repressió acostuma a ser proporcional a la força i capacitat de qui l’exerceix, però també al perill de l’adversari. Hem pogut veure com l’ofensiva repressiva de l’Estat espanyol contra el moviment independentista català és brutal: més de 3000 persones represaliades, moltíssims anys de presó com a amenaça, multes astronòmiques, inhabilitacions i exili. Algú ens podria dir, com és possible que l’Estat espanyol respongui així i com la UE avala aquesta resposta repressiva. Justament: perquè en el sí de la UE no hi cap una proposta alternativa i realment transformadora. I d’aquí aquesta repressió, tant important, i aquest silenci dels Estats i dels mandataris europeus. I en aquest sentit nosaltres pensem que l’única aliança que té sentit i que podem construir és l’aliança dels de baix, dels que lluiten, de la gent que com nosaltres volem canviar el sistema, de la latitud que sigui, amb la pertinença dels pobles que sigui, però amb aquesta convicció que les transformacions profundes vindran de les revoltes populars, i que nosaltres podem aportar un embrió de revolta popular com molts altres pobles poden fer-ho, i que serà aquesta aliança la que ens farà ser un problema per a l’status quo, i la que farà o podrà aconseguir que es moguin aquestes coses. No identificar, com fa l’estat espanyol, com un problema intern de l’Estat espanyol – no ho és – és un problema, com d’altres n’existeixen en d’altres parts del món, que s’ha de identificar en clau de impugnació al sistema, en clau geopolítica, i en clau d’articulació de blocs alternatius al sistema vigent.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *