Discariche e inceneritori? È tempo di rivolta!

Discariche e inceneritori? È tempo di rivolta!

E così il neo governatore Musumeci “pensa” (lo leggiamo sul «Giornale di Sicilia») a nuove discariche. Dieci nuove discariche e qualche inceneritore, ma di quelli piccoli, giusto come li voleva Crocetta, piccoli e a “impatto ambientale bassissimo”.
Eccolo qui il governo della “discontinuità”. E della “coerenza”! Già, perché fu proprio il neo governatore Musumeci a scrivere nel suo programma politico-elettorale che «Sotterrare o bruciare i rifiuti equivale a sprecare risorse che, se differenziate e riciclate, possono essere rimesse in circolo, diventando le materie prime o secondarie di un nuovo processo produttivo». Insomma, proprio come Crocetta che prima di approvare il “piano stralcio” con previsione di piccoli inceneritori – “impianti di valorizzazione” li chiamava senza arrossire – scriveva nel suo programma elettorale: «Il rifiuto é percepito dalla nostra comunità come un problema, un prodotto senza valore, costoso e inquinante. In realtà é un prodotto/risorsa, riutilizzabile e redditizio. Servono nuovi modelli e sistemi di trattamento e riciclo industriale sostenibili».
“Nuovo processo produttivo”, “nuovi modelli e sistemi di trattamento e riciclo industriale sostenibili”: tutte balle. Un cumulo di balle per nascondere – con la scusa dell’emergenza – la complicità spudorata del sistema politico dominante con gli affaristi del ciclo dei rifiuti.
L’emergenza, certo, e se c’è l’emergenza non è mica colpa loro. L’hanno “ereditata” l’emergenza e comunque la colpa è sempre della “gente”, dei loro “cattivi costumi”. Non è del sistema industriale che produce porcherie e che è insostenibile per definizione, non è del sistema dei consumi che ci fa produrre e consumare porcherie, non è delle tante inadempienze politico-amministrative, non è della mancanza di politiche di incentivazione della differenziata, non è della ridicola quantità dei centri di compostaggio o dell’assenza mirata del riciclo. Non è colpa insomma della dipendenza e dell’assoggettamento delle popolazioni alle politiche economiche di un sistema che punta a far profitto sulla loro pelle.
L’emergenza c’è perché l’hanno creata e la mantengono loro, chi amministra la “cosa pubblica” per conto dei comitati di affari!
In Sicilia ci sono 8 grandi discariche in funzione, a parte le centinaia abusive: Catania-Lentini (località Grotte S.Giorgio-Bonvicino della Sicula Trasporti); Castellana Sicula (contrada “Balza di Cetta” gestita dalla consortile AMA Rifiuto è Risorsa, scarl), Palermo (Bellolampo), Trapani (località Borranea, gestita dalla partecipata del Comune Trapani Servizi), Enna (contrada Serra Campana-Cote ad Agira, gestita dalla società AGIRECO), Siculiana (dell’attuale presidente di Confindustria Catanzaro), Ragusa (in contrada ‘Cava dei Modicani’) e Gela (in contrada Timpazzo, gestita da Ato CL2).
Queste discariche, nel loro insieme, possono ancora contenere non più di altri 2 milioni di metri cubi di rifiuti; il che vuol dire – allo stato attuale di conferimento – un funzionamento per altri 8-9 mesi.
E dopo? Con una raccolta differenziata ancora al 20% o si mandano i rifiuti nelle discariche della penisola o si mandano all’estero. Il che significa costi altissimi per i Comuni, un massacro economico per i cittadini. E allora? Allora ecco la “necessità” dell’allargamento delle vecchie discariche, la costruzione di nuove e gli impianti di incenerimento. Per i “benefattori” proprietari o gestori di discariche una massa di profitti vertiginosi. Per i territori inquinamento e malattie.
Si dà il via alle proroghe e si autorizzano gli scavi di nuove vasche per i rifiuti nelle discariche già colme e plurinquinanti. Non solo, si progettano nuove discariche e si parte con gli inceneritori. E le istituzioni tutte si adeguano servili e arroganti ai nuovi padroni del profitto.
A Lentini, nella dismessa discarica comunale la terra si apre e rigurgita i fumi dei rifiuti sottostanti, ma l’ARPA dice che “non sono pericolosi” e che si sistema tutto con un altro po’ di terra sopra e magari qualche alberello. Ancora a Lentini la discarica di Grotte S.Giorgio-Bonvicino, ormai a ridosso delle abitazioni della contrada, riceve l’autorizzazione ad allargarsi ed anche i pozzi vengono assorbiti dalle nuove vasche in costruzione. A Gela, contrada Timpazzo, a ridosso della riserva naturale Vallone Piano Corte, già protetta come una delle ultime «zone umide» interne dell’isola e dove si è denunciato il pericolo di inquinamento delle acque, il TAR di Palermo stabilisce che la discarica può rimanere aperta perché l’ARPA ha documentato la “diminuzione del rischio” dopo i lavori per la messa in “sicurezza degli impianti”. A Trapani nella discarica di Borranea ormai satura, Musumeci firma la proroga e si progetta l’abbancamento di altre 40mila tonnellate di rifiuti. A Castellana Sicula l’ARPA documenta il trattamento di 220 tonnellate al giorno di rifiuti rispetto alle 70 autorizzate, ma non interviene. Alla discarica di Siculiana la ditta di Catanzaro, presidente di Confindustria, ha ottenuto di andare in deroga “ai limiti ambientali e alle potenzialità degli impianti”, per ulteriori tre mesi di tempo. A Ragusa, alla discarica di Cava dei Modicani, che ha inquinato le falde di nichel, manganese e nitrati, arrivano le autorizzazioni per la costruzione di una quarta vasca nella discarica ormai satura. Naturalmente contro il parere dell’amministrazione comunale che vuole puntare sulla differenziata. Ad Agira (Enna) a poca distanza dalla riserva naturale Vallone Piano Corte, protetta come una delle ultime «zone umide» interne dell’isola, con procedimento sfacciatamente irregolare si dà l’autorizzazione alla costruzione di un’altra discarica. A Palermo-Bellolampo, dove la misura degli agenti inquinanti prodotti dal trattamento dei rifiuti risulta 4 volte superiore al livello massimo tollerabile, è in attuazione la VII vasca
E intanto nella Val del Mela si dà il via all’inceneritore della A2A (ecco uno dei piccoli termovalorizzatori di Crocetta prima e Musumeci adesso, con una capacità di “soltanto” 510mila tonnellate di rifiuti da bruciare). E non ha nessuna importanza se i livelli di inquinamento della vicina raffineria di Milazzo intossicano già quotidianamente gli abitanti del territorio. L’indicazione “strategica”, la trovata di eccezionale intelligenza è quella di mettere impianti inquinanti laddove c’è già l’inquinamento (così non si sporca troppo dalle altre parti). Un po’ come la storia dei territori del quadrilatero della morte (Siracusa, Augusta, Melilli, Priolo) soffocati dagli impianti obsoleti delle raffinerie o come il caso degli impianti di biostabilizzazione della Sicula Trasporti che a ridosso della discarica di Grotte S.Giorgio -Bonvicino stanno intossicando la popolazione di contrada Vaccarizzo.
Non c’è via di scampo. Sistema politico ed economico si muovono all’unisono, non gliene frega niente se dilagano le malattie da inquinamento, se le acque son piene di minerali pesanti e sporcate dal percolato delle discariche, se i nuovi agricoltori che tentano il biologico debbano chiudere, l’importante è cavalcare il treno del profitto che oggi parla il linguaggio dei rifiuti.
Di fronte a tale scenario la strada da preparare, organizzare e percorrere è quella della ribellione dei territori. Ovunque nascono nuovi comitati cittadini e va costituendosi e consolidandosi la Rete dei comitati territoriali siciliani.
Occorre ribellarsi per imporre:
• il blocco delle discariche e degli inceneritori
• un “piano dei rifiuti” centrato sulla differenziazione e calibrato sulle reali esigenze dei comuni
• stazioni di compostaggio
• immediate opere di bonifica sotto controllo popolare
• la più estesa riprogettazione dei prodotti industriali
• politiche di rifiuti zero e di riciclo.

Difendiamo la nostra terra
Gli abitanti impongano la loro volontà
Creiamo 10 – 100 – 1000 Comitati territoriali

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