28 settembre: per un aborto libero, sicuro e gratuito. Quale situazione in Sicilia?

28 settembre: per un aborto libero, sicuro e gratuito. Quale situazione in Sicilia?
Oggi, 28 settembre, ricorre la giornata internazionale dell’aborto libero, sicuro e gratuito. Anche in Sicilia a Messina, Catania e Palermo si scenderà in piazza.

È passato qualche mese da quando negli Stati Uniti la Corte Suprema decide di abolire la sentenza Roe v. Wade con cui nel 1973 la stessa corte aveva legalizzato l’aborto.

Passi indietro che fanno pensare ancora una volta come non basti solo una legge per garantire libertà e autodeterminazione. Una notizia che ancora una volta ci dimostra che fino a quando ci sarà un sistema patriarcale il diritto all’aborto, il diritto alla decisionalità sui nostri corpi e sulle nostre vite sarà sempre in pericolo.

 

44 anni dopo, a che punto siamo in Sicilia?

Riportiamo le parole del movimento femminista e transfemminista Non una Di Meno Palermo.

“In Italia il 22 maggio 1978 entra in vigore la legge 194 per la legalizzazione dell’aborto in Italia. Una conquista dei movimenti femministi che ancora oggi ha il sapore di un contentino: tutele che da 43 anni sono rimaste per lo più solo sulla carta. E sono davvero molte le forze politiche che, ancora oggi, continuano a lavorare per svuotarla dall’interno, sfruttandone le criticità insite nella sua stessa natura di compromesso.

In Sicilia, i dati relativi alle interruzioni volontarie di gravidanza sono allarmanti, frutto di una delle contraddizioni che la stessa legge 194 porta in sé, l’obiezione di coscienza, e della mancata applicazione di parti fondamentali della legge che riguardano la sfera della prevenzione.

A confermarlo sono l’altissimo numero dei Medici obiettori che ostacolano l’accesso all’ interruzione volontaria di gravidanza e quindi la nostra libertà di scelta.

L’ultima “Relazione del Ministro Salute sull’attuazione della Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza” oltre a raccontare la difficoltà dell’accesso ai dati pubblici aggiornati (l’ultimo report si riferisce al 2018) evidenzia una grave criticità relativa al tasso di obiezione in Sicilia e più in generale al libero accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Il dato ufficiale mostra come in Sicilia la percentuale di obiettori tra ginecologi e ginecologhe sfiori l’80%: il numero spiega la ragione per cui in molte strutture pubbliche non è possibile accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Nell’Isola cinque ginecologi su sei si rifiutano di praticare le interruzioni volontarie di gravidanza, così come il 79,2 per degli anestesisti.

Altro dato inquietante emerso dall’ultimo report del ministero della Salute, è quello che si riferisce al numero di interruzioni di gravidanza: dalle 5281 del 2019 si è passati a 4920 nell’anno successivo. Un numero inferiore rispetto a quello della sola città di Milano dove ne sono state registrate 5326. Cifre da cui non emerge il sommerso delle donne che fanno ricorso a strutture clandestine. Una preoccupante emergenza che mette a rischio la salute delle persone che hanno urgenza di abortire o le obbliga ad uno spostamento verso altre regioni per accedere al servizio che dovrebbe essere garantito ovunque dal Sistema Sanitario Nazionale.”

 

Dal 2020 è possibile somministrare la pillola abortiva RU486, ma la Regione Sicilia tace?

Nel 2020, il Consiglio Superiore della Sanità, pubblica le nuove linee guida, annullando l’obbligo di ricovero per l’assunzione della pillola Ru486 e allungando il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla 9° settimana di gravidanza.

L’aborto farmacologico, meno invasivo di quello chirurgico, è quasi sconosciuto alle donne e poco praticato: in Sicilia sono solo 12 le strutture che garantiscono l’accesso all’Ivg farmacologica con Ru486.

La situazione più catastrofica si registra nel Trapanese dove soltanto in una struttura è possibile l’interruzione volontaria con la pillola abortiva Ru486. A Catania, solo in 4 strutture ospedaliere si effettua IVG e solo in una si somministra la pillola.

A 2 anni dalla pubblicazione delle linee guida nazionali, la Regione non si preoccupa di procedere all’attuazione delle stesse, piuttosto a dare giudizi. Infatti, noi non dimentichiamo le parole fuori luogo dell’assessore della Salute Razza che, l’anno scorso, durante un’intervista dichiarava: “L’obiezione di coscienza è un diritto riconosciuto dalla costituzione repubblicana e non è consentito sindacarne le ragioni che in molti casi sono dettate dalla propria fede e si inseriscono in un dibattito mai sopito sul diritto alla vita. Non penso che in Sicilia esistano situazioni molto diverse dalle altre Regioni italiane e penso che sia lo Stato a dover affrontare normativamente la possibilità di garantire prestazioni che non possono essere rese obbligatorie per ragioni di sensibilità individuale del medico. Detto questo penso che ogni aborto che non sia dettato da ragioni di salute è una sconfitta per la comunità”.

Una sconfitta per la comunità è che un assessore alla salute sentenzi senza dare peso alle sue parole piuttosto che permettere che tutte possano accedere ad un aborto libero, gratuito e sicuro!

Una sconfitta per la comunità è che: non esiste chiarezza sulla procedura abortiva, infatti i consultori non rispondono, ospedali rimandano appuntamenti di settimana in settimana; non esiste contraccezione gratuita; non esiste educazione sessuale nelle scuole e nelle università; non viene assicurato che l’aborto sia gratuito e che sia gestito come livello essenziale di assistenza, ossia un servizio che si è tenuti ad offrire, sempre.

 

E sulla prevenzione?

Ci ricorda Non Una Di Meno Palermo: “Ricordiamo inoltre che la legge 194 viene completamente disattesa anche riguardo la gratuità della contraccezione: in Italia il costo della contraccezione risulta troppo oneroso per chi vive in condizioni di disagio economico, acuite dalla crisi. Nel nostro, a differenza di altri paesi europei, come la Francia, il Belgio e la Germania, la contraccezione è interamente a carico delle cittadine e dei cittadini, salvo rare iniziative locali; la pillola del giorno dopo e quella dei 5 giorni dopo costa una trentina di euro e non è mai mutuabile.

Se è vero che la contraccezione gratuita e accessibile dovrebbe essere regolamentata a livello nazionale è altrettanto vero che dipende sempre più spesso dai singoli enti: Regioni, Asl, ospedali, operatori. Ad esempio, la Regione Toscana circa due anni fa, con una delibera, ha garantito l’accesso alla contraccezione gratuita.

I consultori sono numericamente inferiori rispetto a quanto previsto per legge e depotenziati nei servizi che dovrebbero garantire. Manca un sistema di informazione adeguato sulla contraccezione che sta producendo un aumento preoccupante della diffusione delle MST ed in ultimo, ma non meno grave, un aumento crescente e costante degli aborti clandestini che mettono costantemente a rischio la vita di troppe persone.”

 

Nè i corpi nè la terra sono territori di conquista

Le scelte folli dei governi locali, regionali e nazionali che si sono succeduti hanno ridotto il sistema sanitario pubblico all’osso, de finanziandolo e ridimensionandolo. Vite che continuano ad essere sacrificate che dimostrano come la salute, soprattutto delle donne, non è una priorità.

Lo hanno dimostrato anche le chiusure di ospedali e riconversioni di reparti. A Palermo è stato chiuso il reparto di ginecologia dell’ospedale Cervello, che rappresenta uno dei maggiori punti nascita della Sicilia, con ripercussioni sulla salute pubblica delle donne.

A Catania, da 5 anni è stato chiuso pronto soccorso ginecostetrico “Santo Bambino”, unico punto nascita in centro città , con reparto di ginecologia, ostetricia e neonatologia di alto livello. A Lampedusa non esiste né un punto nascita, né un consultorio gratuito, laico e pubblico e la maggior parte delle donne sono costrette a rivolgersi al privato. Questi alcuni degli esempi che dimostrano come c’è una guerra contro i nostri corpi, la nostra libertà di scelta e i nostri desideri.

Le mancanze strutturali fanno parte della violenza che si esercita sui corpi e sui territori. L’attacco all’aborto si inserisce in un momento di intensificazione della violenza maschile sulle donne e di genere.  La stessa violenza che viene combattuta ogni giorno dai movimenti femministi e transfemministi, restituendo centralità e importanza ai processi di autodeterminazione e libertà.

 

 

 

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