Vino Marsala: storia e origine

Vino Marsala: storia e origine

La nascita del Marsala, così come lo conosciamo oggi, è il frutto di una particolare catena di eventi che condurrà un vino locale siciliano a divenire famoso in Europa e fin oltre Oceano.

La storia 

Siamo nel 1773 e nel porto di Marsala approda una nave mercantile che batte bandiera inglese. C’è stata una tempesta e l’imbarcazione, diretta a Mazara del Vallo, è stata costretta a fermarsi nel primo porto disponibile. A bordo si trova John Woodhouse, un mercante di Liverpool. In una delle numerose osterie della città, gli viene offerto il miglior vino qui prodotto, quello che i contadini riservavano alle grandi occasioni: il perpetuum.

L’uomo lo gradì particolarmente e intuì che la bevanda fosse perfetta per i raffinati salotti inglesi. Woodhouse ne volle subito caricare un grosso quantitativo da portare in Inghilterra e, per evitare che il vino potesse subire alterazioni durante il lungo viaggio, lo addizionò con un distillato alcolico, acquavite o forse rum. Il Marsala fu un successo.

Poco tempo dopo Woodhouse figlio si trasferì in Sicilia e creò il primo stabilimento enologico, utilizzando gli edifici a terra della tonnara del Cannizzo, ormai in disuso, in prossimità del porto. Ormai di questo baglio rimane ben poco, distrutto durante la Seconda guerra mondiale.

Per approvvigionarsi della materia prima (il mosto), Woodhouse favorì l’espansione della viticoltura nel marsalese mentre acquistava altro vino nei comuni vicini di Mazara del Vallo, Castelvetrano, Castellammare del Golfo, che finivano col beneficiare anch’essi della sua iniziativa. Il Marsala diventa il quintogenito dei vini alcolizzati, dopo il Porto, il Madera, Sherry e Malaga.

Nel 1801 Woodhouse aveva monopolizzato l’attività dei bordonari, guidatori di carretto che trasportavano il vino dalle contrade vicine allo stabilimento.

 

Preparazione

Il Marsala rientra a pieno titolo nei vini liquorosi, poiché il suo tenore alcolico è compreso tra il 15% e il 22% in volume. Si distingue in tre tipologie in base alle uve usate per la vinificazione: Oro, Ambra e Rubino. Per il Marsala Oro e Ambra si possono usare i vitigni grillo, cataratto, damaschino e inzolia, ovviamente vinificati in bianco, mentre per il Marsala Rubino il disciplinare prevede l’uso di uve a bacca nera come pignatello, calabrese (o nero d’Avola) e nerello mascalese, vinificate in rosso con l’aggiunta al massimo del 30% di uve a bacca bianca usate per le altre due tipologie.

Un altro elemento base della preparazione del marsala è il passito, ottenuto dalla spremitura di grappoli lasciati leggermente appassire. Il passito in origine veniva mischiato con brandy nella misura di tre a uno, dunque con mosto preventivamente bollito, allo scopo di fargli perdere circa il sessanta per cento del liquido che conteneva, motivo per cui diventava più denso e più dolce, assumendo il colore dello zucchero bruciato. Il vino così trattato veniva chiuso in botti e lasciato invecchiare, processo che si riteneva dovesse durare un anno, ma che oggi di regola ne richiede da tre a quattro. Il risultato dovrebbe essere una bevanda di tenore alcolico oscillante tra i diciassette e i trentadue gradi, ma di norma intorno ai venti.

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