Sciopero generale: i territori contro il genocidio

Sciopero generale: i territori contro il genocidio
Lo sciopero generale del 22 settembre segna una svolta nelle mobilitazioni per la Palestina, con manifestazioni di decine di migliaia di persone in tutta Italia che hanno portato avanti fino a sera tarda blocchi di infrastrutture, autostrade, porti. Inceppare la macchina del genocidio è possibile.

Una voce sempre più netta e ampia si leva dai territori, una voce che non è più possibile ignorare poiché rappresenta la volontà diffusa delle persone. E nonostante il sistematico oscuramento da parte dei media, i proclami e le strumentalizzazioni dei ministri, gli appelli alla pace pieni di ipocrisia e complicità di tanti opinionisti, ieri è diventato impossibile silenziare le proteste. I territori irrompono sulla scena e prendono posizione per la Palestina. I territori non vogliono la guerra, si sottraggono alla complicità con il genocidio, scontrandosi con i piani bellici degli stati.

Nella giornata del 22 settembre, in più di 80 città italiane hanno preso vita manifestazioni e blocchi per lo sciopero generale per la Palestina indetto dall’Unione Sindacale di Base. Una richiesta su tutte: l’interruzione immediata dell’invio di armi a Israele, la rottura di tutti gli accordi e la fine delle complicità con il genocidio.

Anche in Sicilia la protesta si è allargata, coinvolgendo lavoratori della scuola, studenti, pubblico impiego, settore ospedaliero, artigiani, operai, docenti con una straordinaria adesione. E gli ingranaggi dell’economia si sono inceppati, con mobilitazioni da record nelle maggiori città siciliane, a fronte di 15 piazze di protesta sparse per l’isola.

A Palermo, più di 20.000 riuniti a piazza Massimo hanno raggiunto le arterie stradali sul versante costiero a nord della città, paralizzando gli ingressi del porto e mandando in tilt il traffico merci e la viabilità per tutta la mattina.

A Catania la grande partecipazione di studenti e giovani ha invaso le vie del centro: da piazza Stesicoro il corteo di più di 10.000 persone ha deviato per bloccare i varchi commerciali del porto e gli ingressi della città. Tensioni con la polizia schierata a difesa del porto.

Presidi e cortei partecipati a Messina, Enna, Caltanissetta, Milazzo, Scicli, Trapani, Gela, Siracusa, Ragusa, Isole Eolie, Partinico, Modica.

Sono segnali imponenti di opposizione ai progetti guerrafondai di dominio degli stati sui territori. La massiccia adesione allo sciopero pone al centro della discussione la possibilità concreta di danneggiare e rallentare gli ingranaggi della macchina: si tratta allora di puntare più in alto. Si tratta di mettere sotto scacco un modello di sviluppo e di produzione fatto di estrattivismo, colonialismo, apartheid e devastazione. Un sistema economico e politico che permette il genocidio come mezzo lecito di eliminazione di un popolo, pur di fare profitto. Una macchina di morte che attacca l’esistenza e la vita stessa: non c’è diritto internazionale che tenga. Anzi quello stesso diritto perde ogni briciolo di valore residuo se viene stilato e poi infranto proprio da un fitto apparato di potere politico ed economico che definisce Israele “l’unica democrazia del Medio Oriente”.

Del resto, la volontà e i bisogno dei territori sono stati metodicamente ignorati dagli apparati dello stato italiano in questi anni di genocidio del popolo palestinese, portato avanti grazie al cospicuo contributo dei paesi della Nato. Una volontà popolare che però si è rafforzata nella grande giornata dello sciopero. Proseguiamo allora additando tutte le complicità di guerra che persistono sul nostro territorio e spezziamole una dopo l’altra. Puntiamo il dito contro Leonardo SPA, gli accordi con gli atenei Israeliani, la base di Sigonella, il MUOS, i piani di riconversione militare di aeroporti e fabbriche.

Mobilitiamoci per la smilitarizzazione della nostra isola e per l’interruzione immediata degli accordi militari, di ricerca, economici, culturali con chi supporta e trae profitto dal genocidio del popolo palestinese. Contro i piani di riarmo e sterminio degli stati, impariamo a immaginare e costruire una pace vera, fatta di diritti, giustizia e autodeterminazione. Perché dentro l’oppressione non potrà mai esserci pace.

 

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