Sanità, Ars: no a medici non specializzati nei Pronto Soccorso

Sanità, Ars: no a medici non specializzati nei Pronto Soccorso

L’8 agosto di quest’anno è stato approvato il Piano straordinario per il reperimento del personale medico per il sistema emergenza-urgenza regionale. Questa è la soluzione proposta dalla Regione siciliana per risollevare le disastrose condizioni in ci versa il sistema sanitario siciliano. Condizioni che negli anni sono peggiorate soprattutto in termini di capacità di erogare servizi e di carenza di medici specializzati.
Il piano prevedeva un “avviso di disponibilità” per ricercare medici in quiescenza e la realizzazione di percorsi di formazione e “training on the job” erogati dal CEFPS per neolaureati, come abbiamo spiegato qui .

Ieri, all’interno di Sala d’Ercole, è stata bocciata la proposta del Governo di mandare al pronto soccorso i medici neo laureati dopo il corso di formazione di 600 ore. A opporsi principalmente i parlamentari del PD che, lamentando l’incapacità organizzativa del Governo siciliano di affrontare un tema come quello della mancanza di borse di specializzazione e più in generale dell’emergenza sanitaria e dei vuoti d’organico, accusa la proposta di “agevolare lo sfruttamento a basso costo di giovani laureati”.

La verità è che in Sicilia la questione sanitaria è un vero e proprio dramma.
L’assessorato alla sanità affronta la situazione con soluzioni a breve termine che graverebbero sia sull’efficienza del servizio che sul futuro dei giovani neolaureati.
Bisogna tener conto, però, che neanche l’aumento delle borse di specializzazione a disposizione degli studenti, come propone il PD siciliano, può essere l’unica soluzione valida e definitiva. Questo piano sarebbe attuabile in un tempo troppo lungo, un tempo che la sanità siciliana non può attendere.

La Regione dovrebbe investire in medici specializzati: dovrebbe essere questa la priorità. Piuttosto che a improbabili avvisi di disponibilità a medici ormai in pensione dovrebbe pensare, per esempio, a un piano di rientro per i medici siciliani costretti a lavorare fuori dalla propria terra.
Non si spiega, tra l’altro, come sia possibile che manchino proprio i medici se – secondo quanto riporta l’ultimo report di Bankitalia del 2019 – l’aumento generale dei costi del servizio sanitario è dovuto proprio all’assunzione di medici.

I rappresentanti della Regione siciliana dovrebbero sedersi al tavolo con i cittadini e rendere conto del loro operato. Rendere conto del fatto che esistono piani veramente efficaci che potrebbero risollevare le condizioni della sanità in Sicilia, ma loro continuano a proporre soluzioni farlocche che affiderebbero la salute degli abitanti a medici ormai in pensione e a giovani con poca esperienza.
Qualora si sedessero a questo tavolo sarebbe anche il caso di chiedere perché 4,6 miliardi di euro si spostano dal Sud (compresa la Sicilia) al Nord a causa di una mobilità sanitaria che trasferisce ormai circa un milione di persone l’anno.

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