La Corte europea a Madrid: «Scarcerate Junqueras, è un europarlamentare».

La Corte europea a Madrid: «Scarcerate Junqueras, è un europarlamentare».

Il Tribunale supremo spagnolo si è preso una bella lavata di capo dalla Corte di giustizia europea. La Corte ha infatti stabilito che Oriol Junqueras, eletto eurodeputato il 26 maggio nelle fila di Esquerra Republicana de Catalunya-ERC, godeva dell’immunità parlamentare dal momento in cui sono stati proclamati i risultati delle elezioni, seguendo così la linea segnata dal procuratore generale il 12 novembre in cui già si negava la validità di rivendicare “formalità successive” pretese dalla Spagna, come il giuramento della Costituzione nei locali della Giunta elettorale, per consentire la presa di possesso del seggio.

La sentenza, letta dal presidente della Corte di giustizia Koen Lenaerts, stabilisce che «una persona che è stata proclamata ufficialmente eletta al Parlamento europeo deve essere considerata, per questo fatto e da quel momento, come membro di tale istituzione, ai fini dell’articolo 9 del protocollo sui privilegi e immunità dell’Unione, e gode, da questo punto di vista, dell’immunità prevista nel secondo paragrafo dello stesso articolo». Che cosa accadrà adesso non è chiaro – benché ERC ne abbia chiesto l’immediata scarcerazione – perché Junqueras, in carcerazione preventiva al momento dell’elezione a deputato europeo, è stato condannato in via definitiva a 13 anni il 14 ottobre scorso, per sedizione e malversazione (l’accusa iniziale era di ribellione, con una richiesta di 25 anni di carcere), insieme a nove leader indipendentisti: l’ex presidente del parlamento catalano Carme Forcadell (a 11 anni e 6 mesi), Jordi Cuixart e Jordi Sànchez, leader di due organizzazioni della società civile, Òmnium e Assemblea Nazionale Catalana, (a 9 anni), e gli ex ministri catalani Dolors Bassa, Joaquim Forn, Raul Romeva, Jordi Turull e Josep Rull: un totale di cento anni di carcere per l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna dell’1 ottobre 2017.

«La justícia ha arribat des d’Europa. La giustizia è arrivata dall’Europa. I nostri diritti e quelli di 2 milioni di cittadini che hanno votato per noi sono stati violati. Nullità della pena e libertà per tutti noi! Continuiamo come abbiamo fatto fino adesso!», ha twittato Junqueras. E Puigdemont, ex presidente della Generalitat catalana: «Encara queden jutges a Europa. Ci sono ancora giudici in Europa. Libertà per @junqueras. La Corte di giustizia europea difende gli stessi criteri che abbiamo difeso noi contro il Parlamento europeo e le autorità spagnole, che hanno cercato di alterare il funzionamento della democrazia europea».

Questa sentenza potrebbe costituire da precedente per Carles Puigdemont e l’ex consigliere Toni Comín, entrambi riparati in Belgio, in modo che accedano al loro ruolo di eurodeputato: eletti alle ultime europee, non hanno potuto assumere la loro funzione, perché recarsi a Madrid per prestare giuramento sulla Costituzione spagnola come prevede la legislazione nazionale avrebbe significato l’arresto, in quanto su entrambi pendeva mandato di estradizione, che ora peraltro dovrà essere esaminato dalle autorità belghe e spagnole alla luce dell’immunità. Le autorità spagnole quindi non trasmisero all’Europarlamento la proclamazione dell’elezione dei tre catalani (il terzo era, appunto, Junqueras) e di conseguenza l’Europarlamento ha finora rifiutato di farli entrare in carica. Stamattina però David Sassoli, presidente del parlamento europeo, all’inizio della sessione plenaria, ha informato l’assemblea parlamentare del contenuto della sentenza della Corte europea e ha chiesto «alle autorità spagnole competenti di conformarsi».

La sentenza arriva in un momento delicato per la politica spagnola, considerando che si è votato quattro volte negli ultimi quattro anni, ma senza riuscire a andare oltre il bloqueo, una paralisi dovuta a una distribuzione del voto che non dà maggioranze certe. Sanchez, segretario del primo partito, il Psoe, con la coalizione di socialisti e di Podemos di Iglesias, può contare su 169 voti a favore sui 350 del Parlamento, contro i 163 delle opposizioni: in questi voti ci sono anche quelli dei partiti regionali non secessionisti, come il PNV basco; e sinora, Junts per Catalunya (gli indipendentisti di centrodestra di Puigdemont), la Cup (indipendentisti di sinistra), Bildu (la coalizione di partiti nazionalisti di sinistra dei Paesi Baschi) e il Bng (i nazionalisti di sinistra della Galizia) gli hanno risposto picche;  non ha quindi la maggioranza assoluta di 176 seggi ma può varare un governo di minoranza e raggiungere la fiducia nel secondo voto del Parlamento, a maggioranza semplice, se i 13 deputati di ERC si asterranno. A Sanchez serve un accordo in Parlamento per far approvare la Legge di bilancio dopo mesi di esercizio provvisorio, ma non può promettere niente che sia al di fuori della Costituzione e delle leggi spagnole, quindi niente diritto di autodeterminazione. Però, recentemente, in una conferenza stampa alla Moncloa Sánchez non ha più detto che saranno illegali e perseguibili per legge i referendum come quelli del Primo ottobre del 2017.

E ora, c’è la sentenza della Corte europea.

 

Pubblicato su “Il dubbio”, quotidiano del 20 dicembre 2019

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *