Cinque domande (e risposte) sulla questione Biogas

Cinque domande (e risposte) sulla questione Biogas

Il giorno 3 dicembre si terrà a Palermo la terza conferenza dei servizi relativa alla istanza di rilascio di Autorizzazione Integrale Ambientale (AIA) presentata dalla società Vittoria Energia per la costruzione di una centrale a Biogas in contrada Bonvicino. Il Sindaco di Lentini Bosco nella seconda conferenza di servizi del 7/11/2019 ha depositato il suo motivato parere contrario alla variante urbanistica e alla costruzione dell’impianto (vedi relazione a cura del Comune di Lentini allegata al verbale della conferenza dei servizi del 7.11.2019), ma a tutt’oggi il Consiglio Comunale non si è ancora espresso con una sua precisa delibera. A riguardo riteniamo sia utile che il Consiglio Comunale si esprima PRIMA del 3 dicembre.

Sul progetto di un impianto di Biogas della Vittoria Energia SRL a Lentini e sul biogas in generale abbiamo già espresso il nostro parere, ma in molti continuano a chiederci spiegazioni sul perché della nostra opposizione e taluni si ostinano a ripetere che Biogas vuol dire energia pulita, a “impatto ambientale nullo”, che con queste centrali “abbiamo energia elettrica”, un ottimo compost e amenità del genere. È per questo che abbiamo deciso di rispondere a 5 domande, servendoci – per la loro semplicità ed efficacia – di quanto prodotto dal Gruppo di Studio Comitatibiogas Manziana.

1. Cos’è il biogas?
Il BIOGAS è il gas prodotto dalla fermentazione senza ossigeno delle BIOMASSE (residui organici o vegetali, liquami, scarti o prodotti agricoli).
Con il termine biogas si intende una miscela di vari tipi di gas, costituita prevalentemente da metano (almeno il 50%) ed anidride carbonica. Si origina da fermentazione batterica prodotta in condizioni di assenza di ossigeno (anaerobiosi) dei residui di materiale organico di origine vegetale ed animale. Queste le molteplici matrici organiche da cui il biogas può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero Frazione Organica dei Rifiuti Urbani (FORSU), fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agro-industriali, residui colturali, colture energetiche.

2. Come funzionano le centrali a biogas?
Le Centrali a biogas funzionano attraverso un processo di fermentazione-digestione-metanizzazione: trasformano la materia attraverso la “digestione anaerobica” che, in assenza d’aria e per mezzo di batteri che si nutrono della sostanza organica, producono gas/metano e digestato. Il digestato è un rifiuto (codice CER: 190600-03-04-05-06). Il gas captato dalle vasche di fermentazione viene immesso in centrali a gas con motori con potenza solitamente inferiore a 1MW elettrico, dove per mezzo della combustione produce energia elettrica e calore. La digestione anaerobica produce gas (simil-metano) e digestato (liquame) che deve essere trattato poi come un rifiuto.

3. A chi servono queste centrali?
Queste centrali servono unicamente agli imprenditori che realizzano l’opera, per beneficiare di generosi incentivi statali previsti per le “fonti rinnovabili” (anche se non si può parlare veramente di rinnovabili). Senza incentivi statali verrebbe meno la ragione economica principale di questa attività. In ogni caso è possibile ritenere che la generalizzata propensione alle centrali a biomasse e biogas, oggetto d’iniziative di promozione tramite enti, istituzioni, società di consulenza, rientra anche in una più generale prospettiva di riutilizzo di queste centrali per il trattamento di rifiuti. Infatti, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (Forsu) è equiparata alle biomasse con decreto ministeriale. Facile prevedere che una volta costruite queste centrali, invece di essere alimentate con biomasse agricole, di cui l’Italia non dispone e che hanno un costo sempre maggiore, potranno essere alimentate con Forsu, il cui costo di smaltimento è già una prima fonte di redditività che l’imprenditore può acquisire tramite questa impiantistica. I cittadini pagano più volte: con i soldi per gli incentivi, con le tasse per lo smaltimento dei rifiuti e con la loro salute.

4. Quali rischi per l’ambiente sono connessi al biogas e perché si parla di pericoli per la salute?
Per alimentare una centrale da 1 MW (1 megawatt) a colture dedicate serve coltivare circa 300 ettari di terreno (per esempio a mais). Poiché i vegetali necessari per la fermentazione non sono destinati all’alimentazione umana e poiché quello che conta è la resa, i terreni coltivati vengono irrorati con dosi massicce di fertilizzanti e di pesticidi, che finiscono per inquinare il terreno stesso e le falde acquifere sottostanti e impoverire drammaticamente la fertilità dei terreni portandoli all’erosione. Però nel progetto della Vittoria Energia si parla di FORSU, di impianto alimentato da Frazione Organica di Rifiuti Solidi Urbani per produrre biogas e come si è detto la FORSU dovrebbe essere composta solamente da residui organici o vegetali, liquami, scarti o prodotti agricoli. E allora la domanda è: ma davvero la FORSU è priva, ad esempio, di poliesteri? Ebbene ne contiene eccome e la colpa è anche di chi, nelle proprie abitazioni, non fa una corretta differenziazione. Tuttavia occorre una buona dose di infamia per sostenere che la FORSU che va nelle centrali a biogas sia “roba naturale” : “In molti casi – dicono i ricercatori tedeschi che si sono occupati di microplastiche nel compost organico – queste materie plastiche provengono apparentemente da contenitori e materiali protettivi che vengono utilizzati per imballare e trasportare grandi quantità di frutta e verdura”.
Inoltre la stessa combustione del “biogas” è fonte di emissioni tossiche. Il biogas è più inquinante del metano perché contiene metano soltanto al 55-60%. I limiti di legge che si basano sulla quantità di sostanze inquinanti per metro cubo, ignorano che il calcolo reale andrebbe fatto sul totale di metri cubi prodotti in un anno. Gli impianti di bio-digestione poi non riescono a neutralizzare completamente i batteri presenti, in particolare i clostridi che sono batteri termoresistenti (a questa famiglia appartengono i batteri che provocano botulismo e tetano). Nel processo anaerobico di produzione di biometano si creano nel digestore le stesse condizioni favorevoli allo sviluppo delle spore, presenti sia nella produzione dell’insilato, sia nell’apparato digerente dei ruminanti. Questi batteri sono presenti nel digestato finale, cioè nello scarto dei digestori che viene successivamente spacciato come compost da smaltire nei terreni agricoli. E così terreni salubri diventano a rischio contaminazione batterica oltreché inquinati da microplastiche.
Ma pericolosi sono anche gli stessi impianti. E qui anziché dire la nostra lasciamo parlare quelli di Businessinsider-Italia: https://it.businessinsider.com/il-lato-oscuro-del-biogas-tra-difetti-di-costruzione-degli-impianti-e-poca-manutenzione/

5. C’è davvero bisogno di queste centrali per risolvere l’emergenza rifiuti?
No. Per affrontare il problema dei rifiuti, non servono le centrali a biogas da rifiuti organici (Forsu), ma un corretto piano di gestione del ciclo dei rifiuti che rispetti in modo rigoroso l’ordine gerarchico degli interventi previsti dalla Comunità Europea: riduzione, riuso, riciclo. Peraltro, anche la normativa italiana prevede l’applicazione di tutte quelle iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti (D.L. 3 aprile 2006, n. 152, Art. 179, 1,). Il ciclo di vita delle risorse va considerato a monte (dalle politiche industriali) e a valle (con le buone pratiche), con l’obiettivo di ridurre i rifiuti e di ricreare i cicli che esistono in natura. Va inoltre ricordato che quasi il 50% dei rifiuti domestici è costituito da imballaggi, tanto che l’Europa ha registrato dei progressi sul versante dei rifiuti da imballaggio. Molti paesi, conformemente alla Direttiva europea del 1994 e successive modificazioni sui rifiuti da imballaggio, hanno rispettato gli obiettivi di riciclaggio, ma non l’Italia. Quanto alla frazione organica (umido) è necessario far funzionare un serrato porta a porta che differenzi perfettamente l’umido da conferire in un impianto di trattamento aerobico da cui si otterrebbe un compost di qualità da utilizzare come fertilizzante biologico. Oggi, ben l’89% dei rifiuti solidi urbani è riciclabile. Ad esempio il 30% è biodegradabile (frazione umida, detta anche Forsu). Gli altri materiali (carta, plastica, vetro, metallo, etc.) sono tutti recuperabili, riutilizzabili, riciclabili, senza che nulla giunga in discarica per lo smaltimento. Necessario sarebbe contrastare, o meglio, rendere illegale, la diffusione di prodotti che – per cattiva progettazione industriale – non sono riutilizzabili (l’11%). Da un punto di vista energetico, tra l’altro, il recupero con i diversi sistemi di gestione dei rifiuti è eloquente. Nelle discariche il recupero energetico è inesistente, col riciclaggio si ha un recupero del 60% contro il 90% che si ha col riuso. Quindi, l’obiettivo non può essere il biogas da discarica, bensì non buttare in discarica i rifiuti.

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