«Anche noi siamo essenziali». Intervista a un lavoratore dell’animazione

«Anche noi siamo essenziali». Intervista a un lavoratore dell’animazione
Sabato a Palermo ha avuto luogo in Piazza Verdi un flash mob dei lavoratori e delle lavoratrici dell’animazione. «Anche noi siamo essenziali», questo il loro slogan. Chiedono misure per riaprire o sussidi per sopravvivere.  Abbiamo sentito Mauro, lavoratore del settore e membro di UNIAST.

 

Cosa è UNIAST?

UNIAS è una associazione nata da poco più di un anno che rappresenta tutte quelle attività che fanno parte del mondo dell’intrattenimento, dalle feste alle discoteche ai villaggi turistici, DJ, artisti di strada… La prerogativa di UNIAST è quella di regolarizzare il settore, avere delle regole ben precise da poter rispettare. Ne fanno parte tante realtà come associazioni con partita IVA, SRLS, ecc. Per quanto riguarda il territorio palermitano sono tantissime le realtà aderenti, il nostro lavoro continua a crescere e sta coinvolgendo diverse realtà.

Prima dell’arrivo della pandemia in che situazione versava il vostro settore?

Nel settore degli eventi c’è parecchia richiesta, il lavoro non ci mancava, sicuramente non si poteva parlare di un settore in crisi. C’è anche una larga fetta di settore che esercita in nero; le tasse sono troppe, le pratiche burocratiche sono immense e infinite. Questo però in un qualche modo danneggia chi invece è in regola, UNIAST nasce anche per questo, per provare ad aiutare i lavoratori del settore a regolarizzarsi, fa anche da supporter a chi vuole aprire o a chi vuole mettersi in regola, abbiamo un consulente che si occupa proprio del supporto alle nuove imprese.

Da marzo fino ad ora invece come è cambiato il settore, quanto ha influito il lockdown?

Il nostro è stato uno dei settori più danneggiati. Noi siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi ad aprire, è stata veramente dura. Adesso stavamo iniziando a respirare, a incassare qualcosina in più ma ormai sono già più di 10 giorni che siamo fermi. Per quanto riguarda i bonus e la cassa integrazione chi era in regola ha usufruito di tutte le “agevolazioni”: bonus affitto, finanziamento a fondo perduto, dei famosi 600€ e i nostri ragazzi sono andati in cassa integrazione. Però sono evidentemente dei palliativi, perché un bonus di 600€ non basta per mantenere le nostre famiglie e pagare  le utenze che comunque continuano ad arrivare. Lo Stato ha pagato il 60%, oltre tutto con credito di imposta, quindi su un affitto di 2500€ noi né abbiamo messi 1000 di tasca nostra, che per 4 mesi fanno 4000 euro.

 

Sabato eravate in piazza, quali erano le vostre rivendicazioni?

La manifestazione di sabato è stata una manifestazione di categoria, abbiamo coinvolto UNIAST e le aziende di intrattenimento, abbiamo voluto dare un segnale al nostro settore. È stata una manifestazione particolare, colorata, in maschera. L’obiettivo era dare voce al nostro settore. «Anche noi siamo essenziali» lo slogan della manifestazione, richiamava le parole del ministro Speranza che ha dichiarato che le feste non sono essenziali. I punti – che erano rivolti sia a Musumeci che al Governo centrale – erano due. Se dobbiamo stare chiusi, abbiamo bisogno di aiuti, di soldi, delle agevolazioni fiscali, anno bianco per le tasse. Non si può chiudere e non pensare a come sostenere i lavoratori. Con la seconda rivendicazione chiediamo la possibilità di metterci in condizione di poter lavorare. Ci sono moltissimi locali molto grandi in cui le distanze si possono garantire.

 

Credi che la Sicilia sia stata maggiormente penalizzata?

La situazione della Sicilia era già grave di per sé, sicuramente chi sta bene riesce a sopravvivere, chi è in bilico riceverà la botta finale. Le chiusure dovevano essere localizzate, ci sono paesini della Sicilia dove non c’è nemmeno un caso e credo sia inutile chiudere paesi in maniera indistinta a livello nazionale. Chiudere tutto è più facile per controllare tutto, per loro è più comodo. Hanno scelto la strada più facile, quella che a loro pesa meno.

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