Sanità Siciliana. Tra tagli e disservizi nascono ospedali popolari

Sanità Siciliana. Tra tagli e disservizi nascono ospedali popolari

La sanità è senza dubbio uno degli ambiti più delicati per la nostra isola. Tra carenze di personale e di mezzi, chiusure di ospedali e sovraffollamento, eccellenze che viaggiano verso il “fiorente” e “più virtuoso” Nord, molte sono le critiche e i commenti negativi da fare allo status del sistema sanitario regionale.

Facciamo riferimento a qualche dato per comprendere al meglio la situazione attuale. I LEA (Livelli essenziali di assistenza) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Il comitato per la verifica si occupa di controllare la loro erogabilità e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse per mantenere la corretta messa a disposizione dei finanziamenti. Nello specifico, il ruolo svolto da questo comitato si basa sulla certificazione dell’adempimento. Questa avviene con la rilevazione, attraverso degli indicatori, di dati riferiti a tre grandi livelli: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Dopo la rilevazione si traccia una griglia che consente di conoscere e cogliere nell’insieme le diversità e il disomogeneo livello di erogazione dei livelli di assistenza.

Secondo la valutazione finale per il 2017, la regione Sicilia ha un punteggio pari a 160 (vs 221 punti del Piemonte), risultando regione adempiente. Ciononostante registra valori non accettabili per indicatori quali assistenza sociosanitaria residenziale e semi-residenziale: numero di posti per assistenza agli anziani (1,41 vs 10), numero di posti in strutture residenziali che erogano assistenza ai disabili ogni 1000 residenti (0.29 vs 0.60) e numero di posti in strutture semi-residenziali che erogano assistenza ai disabili ogni 1000 residenti (0.34 vs 0.45). In breve, i LEA registrano gli andamenti e quindi la potenzialità di ogni regione ad accedere ai finanziamenti. Secondo l’ultimo report di Bankitalia del 2019, nel 2018 si è registrato un aumento generale dei costi del servizio sanitario rispetto al 2017 per quel che concerne la Regione Sicilia. Ma, d’altra parte, dal 2010 sono stati introdotti limiti all’ammontare della spesa (blocco automatico del turnover) che hanno avuto un effetto diretto sulla dotazione del personale e sulla relativa età media. Da quel momento si assiste a una diminuzione esponenziale dei rinnovi contrattuali, l’andamento della spesa viene determinato solo dalle variazioni dell’occupazione e si assiste gradualmente a forti carenze nelle strutture, nella disponibilità di personale e nei servizi. Tutto ciò contribuisce ad ampliare nel tempo il gap esistente tra Nord e Sud. Se si abbassa il tasso di occupazione, diminuiscono i servizi, quindi le prestazioni e l’accesso alle risorse. Già nel 2017 la dotazione di personale sanitario pubblico in Sicilia risultava inferiore al corrispondente dato nazionale (95,8 addetti ogni 10000 abitanti vs 109,9 addetti nel resto di Italia).

Tutto ciò è riscontrabile nella realtà. È, infatti, notizia di pochi giorni fa la chiusura del pronto soccorso dell’ospedale Trigona di Noto. Era già da tempo che l’ospedale denunciava la carenza di organico; non erano più disponibili i reparti di pediatria e di ostetricia-ginecologia, cosa che creava evidenti disagi a un’intera comunità e rappresentava una grave lacuna per il territorio di riferimento. Tra aprile e maggio avevamo assistito a numerose azioni da parte dei comitati spontanei nati per difendere un diritto fondamentale come quello della salute. Dall’occupazione pacifica al corteo, passando per lo sciopero della fame delle donne di Noto. Battibecchi infiniti tra Asp, sindaco e assessore regionale alla salute Ruggero Razza che non hanno portato a nulla se non all’annuncio, da parte dell’azienda sanitaria provinciale di Siracusa, della chiusura del pronto soccorso dell’ospedale Trigona.

Nonostante l’esito finale, la vicenda dimostra che c’è chi ha voglia di riscatto e si organizza per opporsi alla chiusura degli ospedali per, al contrario, migliorare i servizi che la propria città eroga ai chi la abita. Lotta, insomma, per rendere l’accesso alla cure mediche realmente un diritto di tutti e tutte. Emblematico l’ormai noto caso del Poliambulatorio Opera Assistenza Infermi “Beato Dusmet”, presso l’ex Ospedale Santa Marta di Catania. L’ospedale, dopo la sua chiusura, versava in totale abbandono. La generosità di più di 70 volontari ha permesso la valorizzazione di uno spazio ormai dismesso. «Un sogno che oggi diventa realtà; – dice Don Mario Torracca – grazie al sacrificio di tanti volontari oggi abbiamo questa grande risorsa per moltissime persone. […] Qui avremo la possibilità di accogliere tanti fratelli e sorelle che hanno grossi disagi economici e non hanno il denaro per pagarsi nemmeno il ticket». Un’esperienza che «nasce come iniziativa gratuita voluta dall’Ufficio della Pastorale della Salute della Arcidiocesi di Catania, nei confronti delle persone che necessitano di assistenza medica e non hanno la possibilità economica per accedere alle cure necessarie» continua Don Mario. Il Poliambulatorio, infatti, oltre a fornire assistenza giornaliera presso tutti gli ambulatori di cui dispone, è anche dotato di un “guardaroba del povero”, un banco alimentare e un banco farmaco; tutto totalmente gratuito. Un servizio che nasce dall’esigenza di sopperire alla chiusura degli ospedali, alla riduzione del personale, ai tagli ai finanziamenti che si realizza grazie alla volontà di medici volontari, della Chiesa o di semplici cittadini cui unico interesse è il bene della comunità. Interesse che supera, una volta per tutte, quello personale. Siamo di fronte alla volontà di chi non si arrende, ma si mette in campo contro l’abbandono delle istituzioni e ne esce più forte.

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