Il primo anno di Cateno De Luca

Il primo anno di Cateno De Luca

Di Luigi Sturniolo

Con un comizio e un resoconto di 1400 pagine Cateno De Luca ha raccontato il suo primo anno di sindacatura. Fuori da ogni logica da frontismo democratico, proviamo a dare una prima lettura critica degli aspetti relativi alla politica di risanamento finanziario del Comune di Messina.

E’ possibile il risanamento in un Comune solo?

Cateno De Luca non è Hemingway. La sua scrittura, intercalata dai tanti “su questo fronte” e “senza se e senza ma”, non è un capolavoro di narrativa e non ha quei guizzi che, a volte, i politici di lungo corso hanno. Scrive come parla e parla con la semplicità di chi vuole farti capire che lui di amministrazione ne capisce. In compenso, la relazione di un anno di attività è più lunga dei Grundrisse, ma lo sforzo per leggerla non potrà essere ripagato dal vanto per averlo fatto, così come si può fare per il vecchio Marx.

Dal punto di vista istituzionale Cateno De Luca casca nel vizio tipico di chi governa di non riconoscere l’opposizione. Senza volere arrivare fino a Spinoza, che individuava nel contropotere, piuttosto che nel potere, la garanzia della democrazia, tanto che potremmo di dire che, da questo punto di vista, il peggiore dei Consigli Comunali è più importante della migliore delle Giunte, è banale dire che il Consiglio Comunale ha compiti di controllo e questo non può mai essere visto come un intralcio all’azione amministrativa. Inoltre, chiedere la collaborazione di chi in campagna elettorale si è presentato con un programma alternativo a quello del Sindaco che ha vinto è una contraddizione in termini. Se tu vuoi realizzare un programma che non condividevo perché dovrei aiutarti a fartelo fare? Se al Sindaco questo non va bene può sempre dimettersi e andare nuovamente ad elezioni, come fece Tsipras in Grecia.

Alcune delle rivelazioni di Cateno De Luca sono un po’ la scoperta dell’America in un bicchiere. Un terzo dei Comuni siciliani è in pre-dissesto, dissesto o, comunque, vive una criticità finanziaria e in molti casi la mancata riscossione dei tributi ne è una delle cause più importanti. Percentuali di riscossione fino al 30% sono molto frequenti. D’altronde, però, il recupero di questo credito e la messa a regime del loro rientro non è per nulla cosa scontata, infatti i Piani di Riequilibrio basati su questo tentativo non sono visti di buon occhio dalla Corte dei Conti, vengono considerati poco  credibili. In molti ci marciano, ma tanti non riescono a pagarli i tributi. Meglio, non pagare i tributi (in generale, le tasse, le multe) diventa un modo per riuscire ad arrivare a fine mese. Certo, tutto ciò va a discapito del resto della cittadinanza, ma questo è uno di quei casi che dimostrano che il risanamento finanziario in un Comune solo è impossibile, a meno di non volere comprimere standard di vita già compressi oltre ogni misura.

C’è, però, un pregio nell’operazione comunicativa di De Luca. Lui lo fa, lui porta i dati in piazza. La pubblicazione del resoconto, la sua mole e il battage pubblicitario intorno a questa sono un atto di trasparenza che l’amministrazione pubblica in genere non conosce. Di sicuro non la conosce Messina. Chiunque abbia buona volontà potrà leggere quelle pagine (difficilmente lo faranno gran parte dei consiglieri comunali, preferiranno emettere comunicati di circostanza sul mancato rispetto delle prerogative dell’assemblea elettiva), farsene un’idea, criticarne la faziosità (se si vuole), utilizzarne la quantità di dati contenuti e proporre un proprio punto di vista sull’Amministrazione De Luca e sul futuro di Messina.

Il fallimento del Piano di Riequilibrio di Accorinti

Alcune affermazioni pronunciate da Cateno De Luca nel comizio che ha introdotto la pubblicazione del resoconto di un anno di sindacatura chiamano l’inchiesta giudiziaria come le api il miele. Per fare due esempi, lo è dire che i bilanci sono tutti falsi e che alcuni dirigenti si nascondevano i soldi e li spendevano quando decidevano loro, delle volte in violazione delle norme di legge. Sono affermazioni nette, non accompagnate da alcuna formula dubitativa. Esattamente come lo sono quelle contenute in un resoconto densissimo, strapieno di dati e con valutazioni che non lasciano adito a nessun tipo di dubbio. Bisogna ammettere che anche per chi si è occupato di questi argomenti, ma da non esperto, da non tecnico, è arduo, in varie circostanze, seguire il filo del discorso.

E’ diverso da ciò che avveniva con l’ex assessore Guido Signorino. Allora, infatti, ogni affermazione era immersa in un lessico arzigogolato. La sensazione era che, attraverso una sorta di neolingua, Signorino non dicesse esattamente quello che pensava, ma neanche il suo contrario. Una terza cosa, che spesso nascondeva una contraddizione. E bisognava impegnarsi per capire dove questa contraddizione stesse nascosta. Con De Luca, invece, no. Si capisce che ne capisce davvero. Inseguirlo sul terreno della tecnica contabile è, insomma, sconsigliabile. E, allora, il tema è capirne le ricadute politiche, capire dove va a parare, non lasciarsi trascinare in una contesa ragionieristica che finisce per legittimare il fatto che l’amministrazione sia cosa tecnica e che bisogna solo trovare la soluzione esatta, non quella giusta. Giusta per il popolo, intendo dire.

Dal resoconto dell’attuale sindaco emerge, di certo, una totale inconcludenza della gestione finanziaria dell’Amministrazione Accorinti. Non che i risultati fallimentari del Piano di Riequilibrio della precedente Giunta non fossero già stati descritti, ma De Luca aggiunge il di più di chi ha tutte le carte in mano.  Nonostante, infatti, una previsione di rientri da realizzare sottodimensionata (135 milioni sui 425 complessivi della massa debitoria) rispetto alle Linee Guida delle Corte dei Conti che prevederebbero un maggiore rientro nei primi anni del Piano affinché la Giunta alla guida dell’ente possa dimostrare la sostenibilità della propria politica di risanamento, il risultato negli anni 2014-2018 è stato inferiore di circa 30 milioni rispetto al previsto. In più, però, secondo il monitoraggio condotto dall’Amministrazione De Luca, più della metà delle risorse realizzate sono state assorbite dal bilancio comunale. Il risultato è stato che dei 97 milioni di euro accantonati come avanzo di amministrazione solo 45 sono stati destinati ad accantonamenti per il Piano di Riequilibrio. Una vera miseria.

Certo, questa è la verità di De Luca, si dirà. Ora, è vero che la verità non esiste e che ce ne inventiamo tutti quanti tutti i giorni tante quante ce ne servono, ma esistono i protocolli di veridicità e quello che dice De Luca sul Piano di Riequilibrio ha avuto tutti i pareri tecnici positivi ed è stato approvato in aula. Fa un po’ specie il fatto che provvedimenti finanziari precedenti in contrasto con quanto votato in questa tornata avessero gli stessi pareri tecnici positivi e fossero stati votati dal Consiglio Comunale. Tutta la narrazione sulla legittimità degli atti e dell’esattezza del dato contabile, cioè, si crepa e rischia di mandare tutto in caciara. Mah, sarà colpa del secolo liquido in cui viviamo!

Il Piano di Riequilibrio di De Luca

Le tabelle relative al soddisfacimento degli obiettivi posti per il 2019 nel nuovo Piano di Riequilibrio da Cateno De Luca sono presentate nel Resoconto di un anno di sindacatura con toni addirittura trionfalistici. Da una prima tabella “si evince che le previsioni 2019 del PRFP sono state al 100% rispettate con i relativi appostamenti nel bilancio di previsione 2019-2021”. Ma è lo stesso De Luca a precisare qualche pagina dopo che “un bilancio di previsione traduce in numeri gli annunci ed i buoni propositi politici calibrati alle effettive condizioni economiche ed organizzative dell’Ente, mentre un rendiconto assevera la quantità e qualità delle azioni amministrative che si sono tradotte dagli annunci (previsione) in fatti (rendiconto)”. La verifica della buona riuscita degli obiettivi si ricava, dunque, dal rendiconto e non dal bilancio di previsione.

Ora, il punto è capire se il nuovo Piano funziona davvero e se, soprattutto, questo può avvenire soltanto in seguito ad una compressione delle condizioni di vita degli abitanti di Messina. Insomma, se insegni al cavallo a non bere e il cavallo poi ti muore. Uno degli elementi fondamentali del ragionamento di De Luca è il recupero dell’evasione tributaria (chi non paga acqua, imu, tari). La difficoltà di questo tipo di operazione è dimostrata dai fatti. Già il Piano precedente ci aveva provato. Nei primi 5 anni era previsto un rientro di 10 milioni di euro dall’incremento degli introiti dei tributi e, in realtà, a tenere buone le tabelle presentate dall’attuale sindaco, il rientro è stato di 4 milioni. E bisogna dire che tra le misure da questo proposte è proprio questa ad essere risultata la meno efficace (un milione e 364 mila euro in sei mesi sui 3 milioni e mezzo previsti in un anno, il 39% piuttosto che il 50%). Da segnalare, poi, che si tratta di accertamenti e non di riscossioni. A consuntivo il dato dovrà essere confermato.

Anche altre misure sono da portare a verifica a consuntivo. Sulla riduzione dei costi dei fitti passivi e sulle minori spese per mutui “in continuità con il risparmio storico, si ritiene di poter affermare che la misura è stata confermata”. In realtà, però, il risultato inserito in tabella è sovradimensionato rispetto ai 5 anni precedenti. Sulla riduzione dei costi della politica “in aderenza alla normativa vigente si ritiene di poter affermare che la misura è stata confermata”. Sulla riorganizzazione/razionalizzazione degli impianti sportivi viene tutto rinviato a dicembre. Sulla riorganizzazione/razionalizzazione dei servizi municipali il risultato è stato al momento del 25% invece che del 50%. Il risparmio energetico e quello sul personale mantengono, invece, le previsioni o le migliorano.

Un ragionamento a parte va fatto sulla riorganizzazione/razionalizzazione dei servizi sociali. Il risultato inserito in tabella è nettamente superiore al previsto (il 68% contro il 50%, 4 milioni e 765 mila euro a fronte dei previsti 7 milioni in un anno).  E’ la misura sulla quale De Luca punta di più e la trasformazione della gestione dei servizi sociali è uno dei simboli della nuova amministrazione. A ben vedere, però, è la stessa tabella riassuntiva a specificare che le risorse tolte dal bilancio ai servizi sociali dovranno essere integrate dalle entrate extra-bilancio. L’iter per ottenerle è in corso e, dunque, bisognerà aspettare la fine dell’anno per capire se effettivamente questo tipo di operazione sarà andata a buon fine. Insomma, sarà il rendiconto 2019 a dirci davvero come saranno andate le cose. Su tutto ciò pende la scommessa delle transazioni. Riuscirà De Luca a ottenere dai creditori che detengono il 70% del credito transazioni al 50%? Se sì, l’operazione finanziaria sarà di molto avvantaggiata. Bisognerà, poi, capire se sulle responsabilità politico-amministrative nella formazione del debito si riuscirà ad andare avanti.

Le transazioni con i creditori

Non c’è alcun dubbio che il riconoscimento dei debiti fuori bilancio certificati da sentenze definitive è operazione ineludibile del Consiglio Comunale. Non ha, però, a che fare con la giustezza di quella spesa, né con la regolarità del meccanismo che l’ha generata. La ricerca di eventuali profili di responsabilità dovrebbe essere atto dovuto da parte di una amministrazione che voglia davvero fare luce su come siano aumentate le spese che hanno condotto l’ente locale in condizioni finanziarie precarie. Insomma, le procedure di risanamento che non prevedano una indagine sulle cause che hanno generato le criticità finiscono per assolvere amministrazioni dissennate e creano le condizioni per il loro riprodursi.

Se c’è una cosa che sembra funzionare in questo primo anno di attività amministrativa da parte della Giunta a guida De Luca sono gli accordi di transazione con i creditori del Comune che hanno avuto il loro credito riconosciuto dal Giudice. La precedente amministrazione, quella a guida Accorinti, aveva prospettato di affrontare la questione attraverso uno schema che offriva al creditore il pagamento del debito con una riduzione del 34% per la cifra che eccedeva 50.000 euro (quota che, al contrario, veniva pagata al 100%). L’attuale amministrazione, invece, ha offerto ai creditori accordi che prevedono il pagamento del debito al 50% del totale in due anni o una rateazione del 100% in 14 anni. Le transazioni al 50% sono molto prossime alle condizioni offerte dalla procedura di dissesto, che prevede riduzioni fino al 60%. A voler considerare categorie un po’ consumate dal loro esito politico, si potrebbe dire che l’amministrazione De Luca sia, da questo punto vista, più di sinistra rispetto all’amministrazione Accorinti poiché privilegia il mantenimento dei servizi pubblici rispetto all’interesse dei privati.

Al momento del lancio del suo Salva Messina De Luca aveva condizionato la continuazione della sua politica di risanamento alla chiusura di accordi transattivi al 50%, entro la fine del 2018, con creditori che possedessero almeno il 70% del credito, pena la dichiarazione di dissesto. Nel tempo il Sindaco ha proceduto a posticipare più volte la data ultima per il raggiungimento dell’obbiettivo che si era dato. Nella sua relazione e nelle delibere di proroga egli ha giustificato il maggior tempo datosi con la lentezza degli organismi chiamati ad esprimere il giudizio sulla credibilità del Piano di Riequilibrio. E’ da ricordare, infatti, che la procedura di risanamento finanziario di Cateno è l’ennesima rimodulazione del Piano originario del Commissario Croce e che da 7 anni Messina vive come color che son sospesi.

In realtà, però, nonostante l’attuale amministrazione abbia un’intensa attività di stipula di accordi transattivi il raggiungimento dell’obbiettivo imprescindibile secondo De Luca per la buona riuscita del suo Piano è tutt’altro che scontato. De Luca, infatti, scrive nel suo resoconto che nei primi 6 mesi del 2019 ha trattato transazioni per oltre 53 milioni di euro (il 47,59% dell’intera massa passiva certa ed esigibile, cioè con sentenza definitiva del Giudice, pari ad oltre 112 milioni di euro). Di questi “solo” quasi 28 milioni di euro riguardano accordi con transazioni al 50%, pari al 52,29% dell’intera massa trattata (dato abbastanza distante dall’obbiettivo del 70%). Si potrebbe, inoltre, dire con sufficiente approssimazione che le transazioni chiuse o in via di trattazione sono quelle con i creditori più disponibili all’accordo e che non è per nulla scontato che la percentuale attualmente raggiunta De Luca possa mantenerla o aumentarla per la massa debitoria residua. Per ulteriore dettaglio, infine, va detto che il dato certo dei primi sei mesi del 2019 sono i 9 milioni e mezzo degli accordi sottoscritti approvati dal Consiglio Comunale, i quasi 18 milioni approvati dalla Giunta e i quasi 3 milioni di somme non più dovute, ma anche che la consultazione dell’albo pretorio del Comune ci dice che questi dati sono già superati dall’intensa attività dell’amministrazione in questo settore.

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