Dissesto finanziario: la lenta agonia dei Comuni siciliani

Dissesto finanziario: la lenta agonia dei Comuni siciliani
Nei giorni scorsi una severissima relazione della Corte dei Conti sul Piano di Riequilibrio del Comune di Messina ha di fatto smontato la narrazione dell’ente locale della città dello Stretto come esempio di risanamento finanziario. Nei prossimi mesi sapremo se si andrà verso una procedura di dissesto o se si assisterà a una ulteriore rimodulazione della procedura di rientro dal debito. 
Adesso è di turno il Comune di Barcellona che, dopo anni di dibattiti d’aula, polemiche e gestione del Piano di Riequilibrio, si trova a dover fare i conti con la crisi delle previsioni di rientro e si appresta a dichiarare il dissesto finanziario dell’ente.

La reazione dei Sindaci 

Intanto i Comuni siciliani in dissesto o predissesto sono arrivati a oltre cento e il numero aumenta di giorno in giorno. Tra questi i Comuni più importanti per numero di abitanti (Palermo, Catania, Messina) e nella provincia di Messina, città importanti come Barcellona, Milazzo e Taormina. Proprio per questa ragione a inizio mese Anci Sicilia segnalava in una nota ufficiale come “siamo in presenza di un dato di carattere strutturale non più risolvibile con le normali procedure dettate dal Testo Unico degli Enti Locali”. 

A fine 2021 una protesta dei sindaci siciliani ha portato all’approvazione di una norma che ha stanziato 150 milioni di euro che hanno consentito ad alcuni enti di chiudere i bilanci. 

Si tratta, evidentemente, di iniziative episodiche che non hanno alcun tipo di effetto nei confronti delle criticità contabili strutturali. Nei fatti, tutte le norme che, dall’introduzione delle procedure di predissesto introdotte dal Governo Monti fino alle miriadi di possibilità di rimodulazione dei piani di riequilibrio, regolano la gestione del debito dei Comuni si traducono in un mero allungamento dei tempi. Raramente i Comuni escono dal predissesto. Spesso passano dal predissesto al dissesto. Altre volte escono dal dissesto per andare in predissesto. Il risultato è che i servizi essenziali sono sempre più penalizzati e la generale riduzione del personale impedisce una gestione efficiente degli uffici.

Cause e tentativi di risoluzione

Non è difficile individuare nella riduzione dei trasferimenti dal centro alla periferia una delle cause strutturali della crisi dei bilanci. A questo i Comuni hanno risposto con uno sforzo di implementazione degli accertamenti dei tributi. In aree fragili economicamente, però, questo si traduce il più delle volte nell’aumento vertiginoso dei residui attivi. Le nuove norme contabili prevedono, però, a tal proposito, un incremento sostanziale del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità. E questo di fatto ingessa i bilanci. E’ questo, ad esempio, uno dei problemi in cui si dibatte il Comune di Barcellona, ma il mancato incremento del FCDE è una delle criticità evidenziate dalla Corte di Conti sul Piano di Riequilibrio del Comune di Messina.

Per una soluzione politica

E’ un gatto che si morde la coda. I Comuni potrebbero anche continuare a ridurre le spese (ad esempio con ulteriore contrazione del personale oppure con tagli ai servizi), ma chiediamo a cosa servirebbero a quel punto. La partita in questo momento non è, dunque, se ci sia o meno da qualche parte una razionalità contabile che sia capace di escogitare il piano di rientro perfetto, ma se in Sicilia debbano continuare a esistere i Comuni, se devono continuare a esistere i servizi per chi li abita. Su questo, amministrazioni locali, partiti, sindacati, associazioni, movimenti dovrebbero interrogarsi, poiché l’unica strada è una soluzione politica, una trattativa tra territori e istituzioni centrali.

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