Ricordare Carlo così: in prima fila con il passamontagna

Ricordare Carlo così: in prima fila con il passamontagna
La documentazione delle giornate di Genova 2001 è occupata quasi per intero dalle immagini della repressione poliziesca, una repressione brutale, che ha avuto la sua espressione più drammatica nell’uccisione di Carlo Giuliani, un giovane sceso in strada come tanti suoi coetanei per contestare i Grandi della terra.

 

Non sarà mai sufficiente la denuncia di una deliberata sete di vendetta dei Governi e delle Forze dell’Ordine che vedevano in quella stagione politica il riemergere di una voglia di ribellione inedita, inattesa, insopportabile nella misura in cui non aspirava solo a manifestarsi, ma osava tentare di inceppare i grandi eventi della globalizzazione.

 

Quelle giornate

La denuncia di quella terribile mattanza è diventata, tuttavia, una gabbia, una gabbia dentro la quale è rimasto intrappolato l’animo insurrezionale di quelle giornate. A denunciare la follia omicida dei colpi di pistola, dei caroselli dei blindati, dei pestaggi, delle torture è servito in tutti questi anni ricordare l’apparato critico che ha dato sostanza a quelle giornate, la capacità di prefigurazione di un mondo che si andava formando, la densità delle argomentazioni contenute nei tanti dibattiti dei controvertici e nella grande quantità di materiale d’analisi pubblicata contro la globalizzazione neoliberista.

Le mani bianche contro i manganelli e i lacrimogeni, la consistenza dei cortei contro i robocop schierati a difesa del nuovo ordine mondiale, la parola contro la violenza. A difenderci solo scudi auto-costruiti. Abbiamo indugiato in questa narrazione, con solo il blocco nero a rovinare quello che stavamo facendo, quasi (anzi, senza quasi) a dare una giustificazione alla repressione. Questo è quello che rimane di Genova 2001, giornate densissime, giornate dolorosissime, ma forse anche un recinto dal quale non siamo più riusciti a uscire.

 

È giusto ricordarlo così

I tanti anni ormai trascorsi da quelle giornate possono, forse, oggi farci guardare a quell’evento con uno sguardo più freddo, possiamo isolare quell’evento nel contesto dei decenni in cui è collocato, nella storia dei movimenti che lo contengono. Se facciamo così, se storicizziamo quei fatti, non possiamo non pensare a Genova 2001 come all’ultima grande rivolta che ci ha riguardato da vicino. Da allora non è successo più. 20 anni (21 ormai) sono sufficienti per dire che quelle manifestazioni avevano un carattere epocale. Parlare di Genova 2001 è come parlare del ‘68 o come parlare del ‘77.

È giunto il momento di liberarsi dalla repressione, certo, nel ‘68 “le pantere ci mordevano il sedere” e nel ‘77 i blindati entrarono dentro una Bologna in rivolta. Spararono, uccisero, incarcerarono, ma noi ci ricordiamo di quegli eventi per il carico di ribellione che contenevano. Noi ci ricordiamo del ‘68 e del ‘77 poiché erano espressione di un mondo che poteva farsi avanti solo insorgendo contro l’ordine costituito. È giunto il momento di ricordare Genova 2001 per questo. Decine di migliaia di giovani e meno giovani ci arrivarono da ogni parte del modo perché lì si sarebbe data una insorgenza. E sapevano che avrebbero incontrato la repressione. È giusto ricordare Carlo così, in prima fila con il suo passamontagna.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *