Il Nord rapina la Sicilia

Il Nord rapina la Sicilia

Si riaccende il dibattito sul regionalismo differenziato. Le forze di governo stanno lavorando al testo. I toni si accendono non solo dentro la maggioranza di governo, ma adesso anche tra i governatori di Veneto e Lombardia e il presidente del Consiglio Conte. Lui vuole frenare su alcune competenze tra cui la scuola. Zaia e Fontana non ci stanno e chiedono una autonomia vera oppure non firmano nulla. Conte riprende dicendo che la riforma dovrà fare bene a tutti. Ed ecco che entra in gioco Feltri che, con il suo classico modus scrivendi, afferma nel suo editoriale che il sud rapina il nord, che il nord sarebbe la mammella del sud e che il settentrione mantiene da sempre il meridione.

Nelle ultime settimane sono stati pubblicati numerosi dossier sulle condizioni del sud e della Sicilia. Alcuni di questi più generali, altri più specifici e approfonditi. Abbiamo letto la classifica Censis delle università italiane, il rapporto Istat sull’occupazione, l’analisi di Confindustria sull’economia e quella Confcommercio sulla produzione. Prima ancora era uscito il rapporto di Bankitalia sulla economia siciliana. Un insieme di dati e percentuali che delineano un quadro abbastanza chiaro. Il nord cresce mentre il sud sprofonda. I differenti rapporti pubblicati nelle ultime settimane in sostanza dicono che in Sicilia: la produzione cala, l’occupazione è la più bassa registrata dal 1996, tutti i numeri che riguardano imprese, agricoltura e industria sono catastrofici. I titoli di giornale riportano: il sud diventerà un deserto.
Al nord, invece, le percentuali crescono su tutti i fronti. Cresce la produzione, cresce l’occupazione, aumentano le imprese. Ma se davvero succhiassimo la ricchezza del nord la situazione descritta dovrebbe essere diversa. Anzi, diametralmente opposta.

Come si può pensare che il sud aumenti la sua produzione se chiudono tutti? Come possono crescere le percentuali sull’occupazione se la gente è costretta ad andare via? Sarà un caso che la crescita demografica del nord consista di meridionali? Al nord chi contribuisce al pil se non le migliaia di persone emigrate per necessità?

L’immagine che restitusce meglio di tutte la situazione è quella della forbice. Il meccanismo della forbice è semplice: due lame con i rispettivi manici, se una si muove verso l’alto, l’altro inevitabilmente va verso il basso nella direzione opposta. Ora, secondo le affermazioni di Feltri la lama che sale dovrebbe rappresentare il sud. I numeri, però, dicono il contrario e cioè che il nord sale e il sud scende. Chi è la mammella di chi?

Il progetto di regionalismo differenziato tra l’altro è chiaro e preciso. Continuare a sottrarre risorse, ricchezza, soldi al sud. Lo dicono pure Zaia e Fontana che vogliono l’autonomia ma non la secessione. E grazie, a sto prezzo! La crescita del nord non potrà essere senza il sud e la Sicilia. Non potrà essere senza i soldi dello Stato che spetterebbero al sud ma che, se approvate le autonomie, andrebbero al nord. Non potrà essere senza gli insegnati, gli studenti e gli operai costretti a lasciare la propria terra. Gli stessi che pagano tasse, affitti, fanno la spesa, mangiano la pizza e comprano vestiti al nord. Insomma, Feltri mente sapendo di mentire. Siamo noi la mammella del settentrione. Ma il figlio è cresciuto abbastanza sulle spalle della mamma. Forse è ora che ognuno faccia la sua strada.

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